Una volgare dimostrazione di coerenza: Grillo, Rodotà, Robin Hood e Guglielmo Tell:
Il Movimento 5 Stelle “it’s all about Process“. E’ solo una questione di metodo. Stefano Rodotà era stato scelto dagli attivisti certificati, cioè dalla base. Era stato scelto con un referendum online garantito da un ente certificatore terzo. Avrebbe potuto essere chiunque altro. Ma è stato scelto lui. Lo ha scelto la rete, fossero anche due su tre, e il Movimento lo ha portato alle urne per l’elezione del Presidente della Repubblica. Semplice. Lineare. Diretto, come la democrazia che si vorrebbe realizzare.
Perché questa volgare dimostrazione di coerenza? Perché veniamo da decenni di politici che si fanno eleggere con un programma che poi non attuano, preferendo riempire le prime pagine di processi per mafia, di nani e ballerine, di statisti all’amatriciana che scilipotano da un bancone all’altro al solo scopo di attendere la pensione. Di rappresentativo, in questa democrazia, erano rimaste solo le cricche che si facevano eleggere per spartirsi gli appalti. E gli effetti sull’economia e sulla tenuta del Paese si sono visti.
Per questo il Movimento 5 Stelle è un metodo: perché è l’unico modo di restituire la politica ai cittadini. “Fai quello che hai promesso di fare oppure te ne vai.”, dicono i cives, coloro con cui hai stipulato un contratto elettorale. “Anzi, fai quello che diciamo noi, che lo decidiamo di volta in volta, anche in corso di legislatura.”. Non è una diminuzione del ruolo e della responsabilità del politico, è il suo recupero dal baratro dove era stato precipitato dalla decadenza della cività. E’ l’apoteosi della dignità e dell’onore di poter servire la Patria, servendo i cittadini.
Rodotà ha messo in discussione esattamente questi principi fondanti del Movimento: la rete, innanzitutto, che a dispetto di quanti credono solo e soltanto nel dio televisivo è il mezzo tecnologico che ha restituito un pezzo considerevole delle istituzioni agli italiani. E ci è riuscita proprio sconfiggendo la televisione in un duello feroce, spietato. La “rete“: lo strumento di realizzazione di una nuova conoscenza condivisa, il rinascimento culturale, una nuova speranza di eguaglianza sociale. Ha detto che la rete non basta, che fondamentalmente è trascurabile. E’ come dire a Guglielmo Tell che con la sua balestra non ci fa niente, che deve usare le armi degli scudieri del re. Secondariamente, ha messo in discussione un principio ancora più fondante del Movimento 5 Stelle, quello secondo cui non si fanno alleanze o strategie. La democrazia diretta si fonda sul presupposto che i cittadini decidano, di volta in volta, quali leggi costruire, appoggiare, rifiutare, sulla base non di calcoli che prefigurano una nuova stagione dell’inciucio, ma solo ed esclusivamente del vantaggio che può derivarne alla collettività. Derogare a questo assunto equivale a cancellare un tentativo nobile, disperato e perfino ben avviato, per restaurare una politica vecchia, i cui effetti in questo paese di santi e navigatori hanno prodotto risultati catastrofici. E’ come dire a Robin Hood che rubare ai ricchi per dare ai poveri funziona peggio che mettersi d’accordo con i ricchi per ottenere un’elemosina equa. E siccome il Movimento 5 Stelle “is all about Process“, ne consegue che non fa alcuna differenza che Rodotà sia stato il candidato alla presidenza della Repubblica, scelto dalla rete: se delegittimi il metodo, il metodo delegittima te. E’ una dimostrazione di purezza, di coerenza, di affidabilità e di prevedibilità, in un mondo dove i rapporti, gli interessi e le opportunità comuni, suggellati da patti quasi sempre segreti, contano più di quelli della collettività.
Il Movimento 5 Stelle non fa alleanze. Nemmeno con Rodotà. E questo “metodo” rappresenta quel filo cui sono appese tutte le speranze di cambiamento.
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