5 giugno 2013

Ecco perché bisogna evitare l’olio di palma

Chi ha l’abitudine di controllare le etichette dei prodotti alimentari prima di compiere un acquisto si sarà imbattuto nella dicitura “olio di palma” oppure “olio vegetale“, che, se non seguita da una ulteriore specificazione posta tra parentesi e riguardante il tipo di olio utilizzato, potrebbe nascondere proprio quest’olio di provenienza esotica e sempre meno ben visto sia dal punto di vista salutistico che ambientale.
Indicare la sua presenza all’interno dell’elenco degli ingredienti riportati sulle confezioni dei prodotti alimentari industriali non è obbligatorio, ma sempre più spesso il suo nome risulta inserito in etichetta per quanto riguarda i cibi più comunemente acquistati nei supermercati. Si tratta in particolare di prodotti da forno come biscotti, pane confezionato, crackers, grissini e fette biscottati (convenzionali, ma spesso purtroppo anche “biologici”), ma anche di creme dolci spalmabilipatatine fritte snack salati, condimenti come lemargarine.
Esso presenta un contenuto di grassi saturi tanto elevato da avere spinto l’Organizzazione Mondiale della Sanità ad affermare come esso possa costituire un fattore di incremento del rischio di andare incontro a malattie cardiovascolari, sulla base di ricerche definite come convincenti e confermate da studi successivi.
Sotto accusa nel caso dell’olio di palma è un acido grasso saturo denominato acido palmitico, che è in grado di agire aumentando i livelli del colesterolo ed innalzando i rischi di coronopatia, secondo quanto rilevato da studi scientifici relativi all’olio di palma. Le affermazioni dell’OMS hanno suscitato l’opposizione del Malaysian Palm Oil Promotion Council, volto a difendere gli interessi economici del proprio Paese, relativamente al ricco settore produttivo legato all’olio di palma.
L’olio di palma rappresenta un grasso vegetale ed un olio alimentare considerato di scarsa qualità. Il suo elevato contenuto di grassi saturi può raggiungere il 50% nell’olio di palma derivato dai frutti e ben l’80% nell’olio di palma derivato dai semi. Oltre che come ingrediente alimentare vero e proprio, è di frequente utilizzato dall’industria del settore per la frittura dei cibi. La sua presenza potrebbe essere rilevata per tale motivi anche in prodotti da forno pre-fritti (es. bastoncini di pesce, cotolette, verdure in pastella, ecc.). Il contenuto di grassi saturi dell’olio di palma non è controbilanciato da una sufficiente presenza di grassi polinsaturi benefici, tali da poterlo considerare come un alimento equilibrato.
Non ci sono motivi validi per cui l’industria alimentare debba proseguite ad utilizzare olio di palma, al di là del fattore economico. E’ comprensibile che utilizzare olio extravergine d’oliva o altri oli maggiormente pregiati comporterebbe costi maggiori. La salute dei consumatori potrebbe trarne vantaggio e sempre più aziende, anche in Italia, dovrebbero impegnarsi ad evitare tale ingrediente, sostituendolo con oli migliori, nel rispetto dei consumatori.
Scegliere di evitare prodotti contenenti olio di palma significa orientare in maniera più oculata le proprie abitudini d’acquisto, evitando i prodotti che contengano tale ingrediente e dando la propria preferenza ad aziende che non lo impieghino od optando per la preparazione casalinga degli stessi.
Evitare l’olio di palma non rappresenta unicamente una questione di salvaguardia della salute, ma anche di rispetto dell’ambiente e del pianeta. La produzione di olio di palma è infatti causa di deforestazione e di distruzione degli habitat naturali degli animali che popolano le foreste di luoghi come Indonesia, Malesia, Uganda e Costa d’Avorio e della sottrazione alle popolazioni native di territori da esse abitati da sempre.

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