Alcuni recenti segnali farebbero temere l’arrivo di un violento terremoto localizzabile tra Sicilia e Calabria: si parla di un Big One simile a quello terribile del 1908
incubo Bin One tra Sicilia e Calabria
Alcuni recenti studi mettono in allarme la comunità scientifica italiana: i tempi sarebbero maturi per un violento terremoto tra la Sicilia e la Calabria. L’evento sismico, di cui mai vorremmo parlarvi, non sarebbe inferiore ad una magnitudo di 7.5 gradi Richter, liberando molta più energia di quella prodotta dal terremoto del 2009 a L’Aquila.
Che l’Italia sia un paese ad alto rischio sismico – si legge in un approfondimento di Sicilia Informazioni – , è un fatto ormai noto. Eppure nuove ricerche, di cui una prodotta da Vladimir Kossobokov, dell’Accademia Russa delle Scienze, apre nuovi scenari apocalittici. “Nel 2010 – spiega lo scienziato, in un’inchiesta di RaiNews24 – è stato individuato un periodo di maggiore probabilità, calcolato per terremoti di 7.5 Richter, in un ambito d’indagine che include la Sicilia e la Calabria, e queste informazioni sono state trasmesse ai nostri colleghi italiani”.
Messaggio ricevuto dai sismologi di casa nostra, che hanno approfondito la questione. Messe a confronto due mappe delle zone a rischio, una di qualche anno fa ed un’altra più recente, ci si è resi conto di come, da marzo 2012, il rischio nel Sud Italia sarebbe aumentato. “La situazione sismica – spiega Giuliano Panza, professore di sismologia all’Università di Trieste – è in continua evoluzione”, per cui è necessario confrontare, di volta in volta, la pericolosità di massimo spostamento del suolo in caso di terremoto e i movimenti tellurici in atto.
Ma in questi casi la cautela non è mai troppa. I dati di rischio non devono far supporre l’imminente arrivo di una catastrofe. “In base ai risultati ottenuti fino ad oggi, – spiega ai microfoni di RaiNews 24, Alessandro Martelli, direttore dell’Enea di Bologna – si può pensare ad un 70 per cento di attendibilità. Una previsione del tipo ‘un evento x avverrà nel giorno x’ è assolutamente impossibile al giorno d’oggi. Quello che si può prevedere, con una certa probabilità, è che un terremoto possa avvenire in un certo lasso di tempo, tipo qualche mese o un anno, in una zona molto estesa come dimensioni. Si tratta, però, di qualcosa che potrebbe anche non verificarsi”.
Il campanello d’allarme, però, suona più forte dove sono presenti gli impianti RIR, ovvero a Rischio Incidente Rilevante. Si tratta delle zone industriali come quella della raffineria di Milazzo, nel Messinese, o a Priolo, nel Siracusano. Le cose vanno di male in peggio se pensiamo che in Italia manca una normativa sismica adeguata per queste aree. Un violento terremoto amplificherebbe la tragedia a causa della fuoriuscita di acidi e gas dagli stabilimenti, con la quasi certa conseguenza di disastro ambientale. “La preoccupazione è per il metano – avverte Luigi Solarino, docente di Chimica industriale all’Università di Catania – che, essendo più leggero dell’aria, incontrerebbe le centinaia di fiaccole industriali, innescando un enorme incendio che distruggerebbe tutto”.
Resta da chiedersi quando le amministrazioni si decideranno a dare il via, nelle zone a rischio, a campagne di esercitazioni con i cittadini, simulando evacuazioni ed interventi di soccorso. Bisognerebbe anche effettuare controlli a tappeto negli edifici critici, come scuole, ospedali e nei tanti depositi di elementi chimici. Non si eviterebbe di certo la catastrofe, ma la si renderebbe meno devastante di quello che potrebbe essere.
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