Sul numero de L’Espresso di ieri, Vittorio Malagutti (da non confondere con il buon Andrea Malaguti de La Stampa) pubblica un articolo per fare le pulci alla trasparenza del gruppo parlamentare del Movimento 5 Stelle al Senato. Le pulci vanno sempre bene, ci mancherebbe altro. Anche quando sono pulci geneticamente modificate (Malagutti è quello dello scoop sull’autista di Grillo e sui supposti resort in Costarica, la cui inesistenza gli è già costata più di qualche querela).
Il nocciolo del problema sono i rendiconti quadrimestrali delle spese del gruppo M5S, che il regolamento del Senato obbliga a pubblicare, insieme all’organigramma, ogni 4 mesi su un apposito sito esterno (diverso da quello del Senato). Rendiconti che erano pronti da luglio (senza che Malagutti avesse mai fatto una sola telefonata per farseli inviare), ma che non potevano essere pubblicati perché mancava “l’apposito sito esterno”, cioè un portale gestito dal Movimento 5 Stelle. Essendo una forza politica nuova, M5S deve costruirsi tutto da zero. Un portale si può fare anche in due settimane, certo, ma quando deve nascere da 163 teste, e quando chi deve deliberarlo è impegnato a salvare la Costituzione, a restituire le eccedenze sugli stipendi ai cittadini, ad eleggere presidenti della Repubblica, a cercare di far rispettare la legge sulla decadenza dei senatori condannati a più di due anni e interdetti dai pubblici uffici, a sgamare i pianisti, ad aprire come una scatoletta di tonno la Rai, a denunciare lo scandalo dei nostri servizi segreti complici del Kazakistan, a far dimettere ministri, a dare la priorità alle aziende sulle banche per i 40 miliardi destinati ai pagamenti dei debiti delle pubbliche amministrazioni, a fare ispezioni parlamentari al poligono militare di Quirra e alle strutture abbandonate del G8, ad andare a Fabriano in segno di solidarietà ai lavoratori Indesit, in Afghanistan a schivare le bombe ai consolati italiani, a far approvare un fondo destinato al finanziamento agli imprenditori che sarà capitalizzato con i soldi degli stipendi e delle diarie, a fare dirette streaming delle assemblee, a fare dirette streaming dopo ogni seduta della giunta che deve valutare la relazione sulla decadenza di Silvio Berlusconi, a salire sui tetti e prendersi 60 giorni di sospensione complessivi, a…. devo continuare? Insomma, quando uno è indaffarato in tutte queste cose, 7 giorni su 7, 24 ore al giorno, quel portale che tra le altre cose deve contenere la sezione trasparenza viene pronto in qualcosina di più che un paio di settimane. La sua pubblicazione era prevista infatti per la prima metà di settembre, proprio in questi giorni, e così è stato: da ieri è disponibile e, sempre da ieri, gli stessi che erano così interessati ai rendiconti che non hanno neppure voluto chiederli all’amministratore o al tesoriere del Gruppo (ma vuoi mettere farci su un bell’articolo per dimostrare che Grillo è come tutti gli altri?) ora possono scaricarseli. Per chi se lo stesse domandando, il portale è ospitato dagli stessi server che ospitano il blog di Grillo non per una questione di controllo globale, ma per una questione di sicurezza (i server hanno già un sistema di protezione dalle incursioni informatiche rodato nel tempo, di cui si può beneficiare senza investire ulteriore tempo e risorse) e per una questione di economicità. Tradotto in parole povere: non si devono pagare soldi (pubblici) per retribuire fornitori di connettività, per saldare parcelle di server farm, per acquistare hardware aggiuntivo e per pagare consulenti che facciano la manutenzione. Quattrini e fatica risparmiati.
Accanto all’articolo di Malagutti, tuttavia, è ospitata una colonna di approfondimento a me dedicata, dai toni come di consueto molto pittoreschi. Vengo definito il “Manganello del Guru”, si descrive la mia carriera utilizzando termini come “l’ascesa” (che fa tanto Hitler), mi si chiama “canzonettista”, si mette una foto truce (ero al Quirinale, durante le consultazioni, con Crimi e la Lombardi, e mentre i due portavoce si confrontavano con un muro di giornalisti stavo controllando quale fosse la prassi da seguire subito dopo: l’espressione denota tensione e serietà rispetto al compito da svolgere e alla solennità del momento), si dice che io detti la linea politica (no: ricordo solo a mio parere cos’è il Movimento 5 Stelle, avendolo vissuto e seguito fin dall’inizio. Detto la linea politica perché Grillo riprende i miei post? Allora la dettano anche tutti quelli che commentano e firmano i post e i mini-post sul blog di Grillo: quanti “ideologi” e “dettatori” ha questo Movimento? Risposta: almeno quattrocentomila). Se io, perché scrivo post accalorati dove parlo di quello che secondo me è il Movimento 5 Stelle e cerco di difenderlo da qualunque tipo di deriva che finirebbe per snaturarlo, sono “il manganello del Guru”, vorrei sapere questo Malagutti di chi è il manganello, visto che addirittura sopporta con nonchalance il peso delle querele che fioccano a mazzi. Ma ci sta. Non sarà né il primo né l’ultimo. Senonché poi si dice che io non sia “un grillino qualunque”, perché la mia busta paga è più alta rispetto al tetto dei 5mila euro lordi, ragion per cui prenderei addirittura di più di un portavoce al Senato. Siccome non ho niente da nascondere, come non l’ho mai avuto, vi racconto come stanno le cose.
Voi sapete, immagino, che andare a Roma non è come lavorare nel Comune della propria città. Si tratta di trasferirsi. Questo, per chi ha casa molto distante, significa un raddoppio dei costi che renderebbe antieconomico un contratto di lavoro normale. Per questa ragione, i portavoce alla Camera e al Senato hanno una o più voci di retribuzione apposite, aggiuntive rispetto all’indennità (lo stipendio), che servono a pagare le spese di trasferta (vitto, alloggio, trasporti). Poi ci sono i treni e gli aerei gratuiti (i giornalisti come Malagutti possono entrare addirittura nei musei gratis, lo sapevate?), una quota di contribuzione per l’esercizio del mandato (attività sul territorio), rimborsi per le telefonate e i taxi, ed anche la possibilità di acquistare un computer.
Ora, i portavoce M5S in Parlamento percepiscono giustamente la diaria e con quella pagano i costi vivi della loro permanenza a Roma (inoltre, come sapete, si dimezzano l’indennità parlamentare), ma restituiscono l’eccedenza, la parte non spesa. Quando i membri dello staff del Gruppo di Comunicazione hanno concordato il loro incarico con Grillo (che secondo il codice di comportamente ha la responsabilità di gestirlo), venendo dalle località più disparate (chi dalla Sicilia, chi dal profondo nord) hanno pattuito le seguenti cose: 5mila euro lordi per i due coordinatori Camera e Senato, 4mila euro lordi per tutti gli altri (per non fare figli e figliastri) più tutti i rimborsi pagati. Esattamente come la storia delle diarie: solo, senza l’obbligo di restituire nulla, giacché i rimborsi sarebbero stati a piè di lista. Cifre non astronomiche, se si considera l’onere materiale ed affettivo del trasferimento più o meno definitivo in un’altra città, la perdita del lavoro e dell’occupazione precedente (che in alcuni casi ha comportato anche il dimezzamento degli introiti, ma va beh.. quando c’è la passione c’è tutto) e soprattutto l’impegno in H24 (spesso e volentieri non si esce dal Senato prima delle 10 di sera), sabati e domeniche comprese. Fare paragoni può non essere di classe, ma a volte serve per rendersi conto di cosa stiamo parlando: per incarichi simili ma su scala inferiore (come la mansione di capo ufficio stampa di uno dei più grandi comuni d’Italia) c’è chi percepisce 173mila euro lordi, e i suoi collaboratori poco meno. Non parliamo poi dei portavoce ufficiali dei partiti o dei singoli segretari. Lì ci sarebbe da fare un sacco di indagini, anche se qualcosa mi dice che Malagutti non le farà.
L’idea iniziale era dunque quella che i componenti del Gruppo Comunicazione avrebbero stipulato con i gruppi parlamentari contratti di consulenza in partita iva, che sono semplici e consentono di gestire tutto in maniera lineare. Tuttavia, essendo questo il Movimento 5 Stelle e non altro, al momento della firma il gruppo parlamentare al Senato ha voluto conformare i contratti dei ragazzi della Comunicazione (che ringrazio uno ad uno per l’infaticabile lavoro che da mesi sostengono, in pochi contro tutto e tutti, e che per conto mio non ha prezzo) agli altri dipendenti del gruppo (ufficio legislativo, segretarie, amministrazione etc). Sono stati dunque predisposti contratti di lavoro a tempo determinato, con scadenza naturale al termine della legislatura. Tuttavia questo poneva dei problemi sui rimborsi. Se io lavoro in una azienda che ha sede a Roma, come faccio a chiedere i rimborsi a piè di lista per il vitto? Dovrebbe risultare che io vada sempre in trasferta, ma significherebbe innanzitutto mentire. Con il rischio, in seconda battuta, di eludere il fisco (perché i rimborsi a piè di lista non sono tassati). Considerate che gli orari massacranti che si fanno non consentono di gestire le proprie spese in maniera programmata. Detto in soldoni, scordatevi di avere il tempo di andare a fare la spesa, di cucinare, di lavare i piatti: finisce invariabilmente che esci dal tuo ufficio a sera inoltrata e ti infili, con lo charme di uno zombie, nel primo ristorante che trovi, con la speranza che un bicchiere di vino ti rianimi.
Così si è pensato di inserire i rimborsi per il vitto all’interno dello stipendio, in maniera da inserirli anche nell’imponibile, tassarli e fare tutte le cose in regola. Abbiamo calcolato una media di 40€ di costo per il vitto al giorno, li abbiamo moltiplicati per circa 22 giorni (senza tenere conto dei fine settimana che spesso sono comunque lavorativi) e abbiamo pattuito circa 900€ – centesimo più, centesimo meno – aggiuntivi in busta paga. Il che significa un forfait di circa 500€ netti al mese. Che non coprono assolutamente i costi effettivi per il vitto, così come pattuiti originariamente, ma va bene così. Pace e amen.
Questo, ovviamente, significa che il lordo che viene ad essere indicato in busta paga è superiore ai 5000 (che sono comunque indicativi, perché sapete che le buste paga si compongono di voci e conti astrusi e complicati, per cui fare cifra tonda per un consulente del lavoro è cosa ardua). Per il mese di agosto 2013, ad esempio, il mio lordo canonico è di 5138€, cui si aggiungono 961€ a titolo di rimborso “ad personam variabile”, a determinare così i famosi 6099€ lordi di cui parla l’articolo di Malagutti. Rappresentano rispettivamente il mio stipendio e la mia diaria (che si compone anche dei giustificativi dei trasporti Milano-Roma e dell’affitto di un monolocale, inserito come fringe benefit su cui pago le tasse).
Ora che ho dato tutte le spiegazioni del caso faccio anche di più: ve la faccio vedere, la mia ultima busta paga (il nostro tesoriere mi ha cancellato di persona i dati sensibili, che se fosse per me avrei pubblicato anche il numero del conto corrente bancario):
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