15 giugno 2013

Addio alle 9 Province siciliane Commissari in attesa dei Consorzi

Addio alle 9 Province siciliane Commissari in attesa dei Consorzi:
Nove province abolite, 335 consiglieri decaduti, 50 milioni di risparmio previsto, 5.600 dipendenti pubblici da ricollocare, 292 milioni di debiti, 57 milioni di finanziamenti distribuiti dalla Regione ai nove enti provinciali. Sono questi i numeri delle vecchie Province in Sicilia che da oggi non esistono più. Ieri gli ultimi consigli provinciali e alla mezzanotte si è concluso ufficialmente il lavoro di presidenti, assessori e consiglieri.
Da oggi gli enti sono quindi in una fase di transizione che dovrebbe approdare, non appena l’Assemblea siciliana approverà il disegno di legge ancora in fase di definizione da parte del governo Crocetta, alla nascita dei “liberi Consorzi” tra comuni, in base a quanto stabilisce lo statuto speciale della Regione. Non ci saranno più elezioni e saranno gli amministratori dei Comuni a fare parte dei Consorzi, il cui numero e le cui funzioni sono ancora da definire.
Il governo Crocetta si appresta a nominare i commissari prefettizi (a Catania, Ragusa, Trapani e Caltanissetta sono già insediati) che gestiranno gli enti fino alla creazione dei ‘liberi Consorzi’, che, in base alla norma di scioglimento delle Province, dovranno essere istituiti entro il 31 dicembre di quest’anno.
Però il passaggio non sarà semplice. Il problema principale riguarda, il personale degli enti. Secondo l’Unione delle Province regionali (Urps), sarebbero a rischio gli stipendi, a partire da luglio. Nelle casse delle Province mancherebbero circa 80 milioni di euro, a causa dei tagli nei trasferimenti da parte dello Stato e della Regione. Il governo regionale sta definendo una manovra di assestamento del bilancio, tenendo invariato comunque i saldi. Della questione, il governatore Rosario Crocetta ne ha discusso l’altro ieri con il premier Enrico Letta. “Il personale stia tranquillo, non si perderà un solo posto di lavoro”, assicura il presidente della Regione. Un comitato dei saggi sta intanto lavorando al nuovo testo di legge per la creazione dei liberi Consorzi. “Spero sia pronto al più presto e l’Assemblea lo approvi entro i termini che ci siamo dati”, aggiunge Crocetta.
La carenza di fondi potrebbe avere ripercussioni anche su alcune attività gestite dagli enti, a cominciare dalle scuole. Una boccata d’ossigeno è arrivata in extremis con la firma dell’accordo tra Regione e Province sul patto di stabilità verticale. La Regione ha ceduto spazi finanziari alle Province per 57 milioni di euro, distribuiti ai nove enti.
A Palermo vanno 13 milioni, seguono Catania con 11,8 milioni, Messina con 6,1 milioni, Siracusa con 5,6 milioni, Ragusa con 5,2 milioni, Trapani con 4,4 mln, Enna con 3,3 milioni e Caltanissetta con 2,8 milioni.
clap

La Gambaro si rimetta alla Rete

La Gambaro si rimetta alla Rete:
di Anna e Paolo Becchi
Nei prossimi giorni i giornali grideranno allo scandalo per il “caso” della Senatrice Gambaro. Dopo la comunicazione annunciata da Crimi e Morra della prossima riunione del gruppo parlamentare del M5S per valutare la «proposta di cessazione dell’appartenenza al gruppo parlamentare» si tornerà – su stampa e televisioni – ad accusare il M5S di assenza di democrazia interna, e Grillo di essere un “dittatore” che non ammette, all’interno del “suo” movimento, né opposizioni né dissensi.  Ma cosa c’entra la democrazia interna al MoVimento con il “caso” Gambaro? Non c’entra nulla. Ripercorriamo brevemente i fatti.
La Senatrice, eletta nelle fila del M5S, rilascia un’intervista in televisione nel corso della quale dichiara che «il problema del Movimento è Beppe Grillo» ed aggiunge: «stiamo pagando i toni e la comunicazione di Beppe Grillo, i suoi post minacciosi, soprattutto quelli contro il Parlamento. Mi chiedo come possa parlare male del Parlamento se qui non lo abbiamo mai visto».  Si tratta di dichiarazioni politicamente molto decise, di una presa di posizione chiara e radicale contro Beppe Grillo, che è e resta il capo politico del MoVimento.
La domanda, allora, non è se nel M5S vi sia spazio per il dissenso, la dialettica interna, la critica, quanto piuttosto il chiarire una volta per tutte la questione fondamentale del rapporto tra capo politico, MoVimento e gruppi parlamentari. La Senatrice non ha espresso dissenso verso questioni politiche discusse dal gruppo, ma ha indicato in Grillo la causa della perdita di consensi del MoVimento nell’ultima tornata elettorale. Ora, la Senatrice avrebbe potuto esprimere chiaramente la sua critica all’interno del gruppo e invece ha deciso di farlo pubblicamente in un’intervista televisiva concordata, proprio quando il giorno prima in una lunga riunione congiunta dei gruppi di Camera e Senato si era sottolineata l’importanza di evitare di dare in pasto opinioni di dissenso ai giornalisti, sempre pronti a contribuire al gioco del massacro. La Senatrice, insomma, è andata contro un principio etico valido per qualsiasi forza politica, il quale impone la lealtà verso i propri compagni e il rispetto delle decisioni prese insieme.
Ma vi è un aspetto ulteriore e decisivo per il M5S: una portavoce non può parlare a titolo personale. La differenza sostanziale tra il MoVimento e i partiti politici tradizionali consiste nel fatto che deputati e senatori sono infatti solo i portavoce del MoVimento nel Parlamento. La questione cruciale allora è anche se con quello che la Senatrice ha detto abbia espresso la voce del MoVimento. Lei non ha violato in modo esplicito regole del Codice di comportamento, ma ci sono regole più alte di quelle scritte nei codici: ha violato la fiducia che il MoVimento aveva riposto in lei.
Alla decisione di indire una riunione dei parlamentari 5 Stelle per decidere della proposta di espulsione si è giunti dopo che Grillo aveva invitato la Senatrice a uscire dal M5S e Adele Gambaro, dopo aver detto di voler valutare se andare al Gruppo Misto, aveva dichiarato: «Non ho assolutamente intenzione di passare al Gruppo Misto. Io sono ancora nel M5S e ci rimango finche’ non dovessero decidere di espellermi».  Questo muro contro muro non ha alcun senso, se non quello di danneggiare ulteriormente l’immagine del MoVimento. Se un membro del gruppo parlamentare del M5S non condivide più le scelte del suo capo, con cui il MoVimento continua a identificarsi, non si capisce la ragione per la quale non dovrebbe spontaneamente dimettersi. La stessa Senatrice Gambaro, del resto, aveva qualche mese fa dichiarato: “Penso ad un Parlamentare che nel caso non fosse più in sintonia con il M5S, grazie al quale è stato eletto, la sua base, i suoi principi, semplicemente si debba dimettere”. E ora si presenta in televisione, da sola, attaccando il capo del MoVimento e dichiarando che non se ne andrà.
È sotto gli occhi di tutti che le dichiarazioni della Senatrice hanno leso non solo Beppe Grillo ma    l’immagine del Movimento 5S in quanto tale. Ed è dunque il MoVimento che deve decidere sulla espulsione della senatrice. Se in qualsiasi modo i gruppi parlamentari impedissero o bloccassero  questo rinvio al MoVimento, si esporrebbero ad un fatto gravissimo che metterebbe in questione un principio fondante: il MoVimento è “tutto” e loro sono solo i “portavoce”.
Si vorrebbe sempre evitare un’espulsione, una decisione in ogni caso difficile e sofferta, ultima ratio a cui ricorrere. Eppure è la Senatrice Gambaro ad avere imposto questa scelta, e hanno ragione Crimi e Morra a rammaricarsi del fatto che «invitare alla coerenza e al rispetto del patto elettorale sul quale si fonda ogni responsabilità politica nei confronti dei cittadini, sia per alcuni così impegnativo da rispettare».  Qui non c’entra la democrazia interna, ma il fatto che la Senatrice, per usare le sue parole, non è più «in sintonia con il M5S.»

Galaxy NX, la fotocamera professionale con Android

Galaxy NX, la fotocamera professionale con Android: Maipiusenza - Svelata l'ultima mirrorless di Samsung, dotata di sistema Jelly Bean: ha ottiche intercambiabili e sensore da 20,3 megapixel.

Da oggi la Sicilia dice addio alle province

Da oggi la Sicilia dice addio alle province:
La Sicilia di Rosario Crocetta saluta, in data odierna, le province che saranno sostituite da consorzi tra comuni. Sono 335 i dipendenti provinciali che dovranno immediatamente abbandonare il loro mandato. Crocetta: “Tranquilli, non si perderà un solo posto di lavoro” Ultimo giorno di vita per le province siciliane ed ultimo giorno di lavoro per presidenti, [...]
L'articolo Da oggi la Sicilia dice addio alle province sembra essere il primo su Blogtaormina.

StopVivisection Day!

StopVivisection Day!:
stop_vivisection_day.jpg

Oggi è lo StopVivisection Day! Sono necessarie un milione di firme. Attivati!


"L’articolo 13 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea stabilisce che "l'Unione e gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze e del benessere degli animali in quanto esseri senzienti". Questo riconoscimento ufficiale porta in sé l'obbligo morale di rispettare i diritti fondamentali degli animali, che devono pertanto essere riconosciuti come una priorità dall'Unione europea e dai suoi Stati membri, e tutelati attraverso un coerente quadro legislativo comunitario. Da questo punto di vista, la sperimentazione animale (o vivisezione) è senza alcun dubbio una pratica inaccettabile, in quanto impone illimitato dolore e sofferenza a esseri senzienti e senza difesa.

Alle ragioni dell’etica (condivise, nel sondaggio della Commissione Ue del 2006, dall’86% dei cittadini europei), si aggiunge l’appello sempre più stringente del mondo della scienza che afferma che il "modello animale", non predittivo per l’uomo, è privo di valore scientifico; infatti non esiste prova statistica che ne dimostri l'efficienza e l’affidabilità." Altre informazioni su StopVivisection

Favia non molla la poltrona

Favia non molla la poltrona:
favia_poltrona.jpg

"Certe persone non meriterebbero alcuna attenzione, ma purtroppo questo personaggio (spalleggiato da alcuni presentatori e giornalisti che continuano a dargli spazio) è instancabile nel suo tentativo di denigrare Beppe Grillo, le persone che credono in lui e il M5S in generale. Questo ci costringe nostro malgrado a farvi capire meglio la totale incoerenza che accompagna il suo livore e le sue finte battaglie. Favia, dopo essere stato messo come capolista da Ingroia in 3 circoscrizioni (ma come? e la democrazia diretta?), aveva promesso che a maggio 2013 si sarebbe dimesso da consigliere regionale. Oggi siamo a metà giugno e Favia ancora non molla la poltrona." Max Bugani, consigliere comunale M5S Bologna

Indesit e la delocalizzazione selvaggia

Indesit e la delocalizzazione selvaggia:
Indesit_delocalizzata.jpg

In ogni iniziativa industriale non c’è valore del successo economico se non c’è anche l’impegno nel progresso sociale”. Questa frase è di Aristide Merloni, un imprenditore che Enzo Biagi, in occasione del centenario della sua nascita, paragonò a Enzo Ferrari ed Enrico Mattei: “Uomini che hanno avuto la forza di credere in quello che facevano, rimanendo attaccati alla loro terra”.

E' il 1930, Merloni inizia la produzione di bilance industriali nelle Marche che offrivano solo emigrazione. Nel 1958 crea lo storico marchio Ariston che viene apposto su fornelli e cucine. Nascono nell’area marchigiana, con una disposizione che ricorda la costellazione dell’orsa maggiore, sette stabilimenti che rappresentano un nuovo modello di sviluppo industriale che non cerca il successo dove le condizioni sono più favorevoli. Per Merloni la fabbrica è un luogo destinato alla produzione e allo sviluppo del benessere locale. Una terra con prospettive precarie diventa un bacino ricco di industrie e di indotto produttivo. Merloni capisce che l’economia di scala dei grandi insediamenti è superata e che i rapporti umani nelle fabbriche valgono più delle dimensioni. Un modello di solidarietà che garantisce a tutti un ruolo importante.
Nell’area del fabrianese nasce una nuova figura: il metalmezzadro. Gli operai usciti dagli stabilimenti si riversano nelle campagne a curare i propri terreni evitando che si realizzi l’incubo prospettato dall’onorevole Palazzolo che nel 1964 durante la discussione dei contratti agrari disse: “Distruggete l’agricoltura per industrializzare e così distruggerete l’Italia”.

Questa storia di un'industria fatta di rapporti sani tra impresa, lavoratore e ambiente non ha un lieto fine. La settimana scorsa la nuova dirigenza subentrata alla famiglia Merloni nel mese di maggio ha annunciato un piano di riassetto che prevede 1.425 esuberi per gli stabilimenti di Fabriano, Comunanza e Caserta. Per il territorio fabrianese è l’ennesimo colpo di mannaia. Come MoVimento 5 Stelle abbiamo più volte denunciato anche a livello locale con i consiglieri comunali la strada che si stava intraprendendo raccogliendo indifferenza e scherno dalle forze politiche che governano il territorio compreso il presidente della Regione Marche Spacca.

La nuova dirigenza ha deciso che produrre in Italia non è conveniente e quindi le produzioni saranno spostate in Polonia e in Turchia dove da diversi anni lavoratori italiani altamente specializzati sono mandati a trasmettere le proprie conoscenze ai lavoratori locali. Da tempo i segnali erano chiari e le responsabilità evidenti. Nel 2007 la dirigenza annunciò un investimento di 80 milioni di euro per realizzare due nuovi stabilimenti in Polonia, e risalgono agli anni a cavallo del 2000 e al 2011 i finanziamenti che le Regioni Marche e Piemonte riversarono a pioggia sull’azienda per favorire quella che allora venne chiamata “internazionalizzazione” e che oggi appare come vera e propria delocalizzazione. Come si potrebbe definire altrimenti il progetto di un'azienda che va a produrre in Turchia prevedendo che l’80% del prodotto verrà esportato da quel Paese? L’obiettivo è far rimanere il lavoro in Italia. Non è un caso che le quotazioni dei titoli in borsa dall’agosto 2012 hanno triplicato il loro valore. Bisogna parlare di risarcimento. Se vogliono andarsene che se ne vadano ma lasciando qui in Italia sedi, capannoni, mezzi di produzione, macchine, progetti perché non è roba loro, ma frutto del lavoro e dell’intelligenza collettiva e alla collettività deve rimanere. Introducendo il concetto di "danno alla comunità". Possiamo gestire noi le fabbriche, senza le esigenze e le ingordigie dei consigli di amministrazione si può produrre nel rispetto dei lavoratori e dell’ambiente garantendo a tutti un lavoro e un reddito dignitoso, tutto ciò si chiama “redistribuzione”.
Ci sentiamo ripetere ogni giorno che non siamo più competitivi. Secondo noi per uscire da questa situazione basta far rispettare i principi inseriti nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e nella Costituzione italiana dove viene dettata chiaramente una scala gerarchica dei valori: prima i diritti fondamentali e inviolabili presenti negli articoli 2, 3 e 4 in cui si legge che “E' compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.” E ancora che: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.” Negli articoli 41 e 42 questi valori vengono rafforzati mettendo dei limiti alla libertà dell'iniziativa economica privata che “non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana” e infatti “la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”, e alla proprietà privata che deve avere una funzione sociale.
Anche l’Europa si è espressa attraverso il codice di condotta delle imprese europee: “L'Unione Europea considera importante il ruolo che le imprese possono svolgere per lo sviluppo economico globale, ma sottolinea che nessuna impresa dovrebbe fare profitti da vantaggi competitivi che risultino dal mancato rispetto dei diritti del lavoro e dei requisiti ambientali e sociali”.

Invece assistiamo a un mercato in cui i Paesi in cui vengono offerte meno garanzie sono quelli che attraggono più capitale, lo Stato italiano attiva gli ammortizzatori sociali e le aziende investono il loro nuovo margine altrove. Crediamo che in questi casi debba essere applicato il principio della direttiva europea numero 35 del 2004: “Chi inquina paga” tradotto in “Chi danneggia la collettività risarcisce”. Patrizia Terzoni. M5S Camera

CPU-Z sbarca su Android

CPU-Z sbarca su Android:
Screen-Shot-2013-06-14-at-11.26.49-AM-540x478[1]
Dopo diversi anni di gloriosa appartenenza all’ambiente desktop, CPU-Z arriva anche su Android, al momento in versione beta.
Come Quadrant, AnTuTu ed altri strumenti di questa natura, CPU-Z visualizza un elenco dettagliato di informazioni relative al dispositivo. Troveremo quindi il nome del SoC, l’architettura, la velocità (di ogni core) e, come info supplementari, anche dettagli sulla batteria, sulla sua salute e sulla temperatura in esercizio, nonchè i dati ricavabili da tutti i sensori presenti sullo smartphone (barometro, accelerometro, oscilloscopio, sensore di prossimità etc). A questo si aggiungano le informazioni dettagliate sul sistema quali il kernel, la RAM totale e quella disponibile, lo storage, la risoluzione del display e altro.
Screen-Shot-2013-06-14-at-11.27.43-AM-540x318[1]
CPU-Z è scaricabile gratuitamente dal Google Play Store ed è al momento compatibile con Android 3.0 o superiori. Fateci sapere le vostre impressioni



Get it on Google Play