8 aprile 2013

Le Balle Quotidiane / 10

Le Balle Quotidiane / 10:
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"La retromarcia dei grillini, non bastano 2500 euro mensili. E Beppe: vanno bene 6 mila". Quante balle si possono infilare in così poche parole? Certamente "la Repubblica" batte ogni record. Ogni candidato del MoVimento 5 Stelle si è impegnato a rispettare il codice di comportamento che prevede 5.000 euro LORDI per l'indennità parlamentare percepita. Il codice non è stato oggetto di discussione, dibattito o revisioni. Consiglio a "la Repubblica" di concentrarsi su notizie fondamentali come l'affare Monte dei Paschi/Santander di cui sulla prima pagina di oggi non c'è cenno. Perché?

6 aprile 2013

Annuncio a sorpresa, sì di Roma “Le tasse siciliane restino nell’isola”

Annuncio a sorpresa, sì di Roma “Le tasse siciliane restino nell’isola”:
Da oggi le imprese che operano in Sicilia pagheranno le tasse in Sicilia. Uno dei sogni dei padri dello Statuto siciliano e degli autonomisti trova attuazione su proposta della regione siciliana”.
Lo annunciano in una nota il presidente della Regione siciliana Rosario Crocetta e l’assessore regionale all’Economia Luca Bianchi.
Dopo 68 anni e dopo una lunga serie di sentenze avverse da parte della Corte Costituzionale, dunque, crocetta annuncia che il governo nazionale rinuncerebbe alle tasse che riscuote in Sicilia e che ha sempre difeso con le unghia e con i denti.
“Il Governo nazionale – spiega il Presidente della Regione – ha approvato all’unanimità il provvedimento sulla base delle buone prassi di bilancio che il governo siciliano ha avviato, attraverso le azioni di spending review, i tagli delle province, delle partecipate, la revisione di spesa per gli assessorati, il taglio del salario accessorio, la chiarezza dei conti, quindi, sulla base dell’azione di buon governo che la Sicilia sta portando avanti”.
Nessuna traccia, però, del concordato necessario per l’attuazione dell’art. 37 dello Statuto. proprio questa norma, infatti, doveva passare attraverso un accordo pattizzio fra Stato e Regione al quale la nota di Palazzo d’Orleans non fa cenno. Si tratta, dunque, di un atto di devoluzione pure e semplice da parte dello stato nei confronti della Regione.
Il governo siciliano e i siciliani tutti– afferma il governatore –, ringraziano il governo nazionale per il riconoscimento di un diritto. Utilizzeremo – prosegue – nel miglior modo possibile la fiducia che ci viene data, portando avanti con giustizia le politiche di rigore senza massacro sociale, sostenendo le imprese e i poveri”.
“Da oggi inizia una pagina nuova per la Sicilia, la sfida di cominciare a farcela da soli, con l’orgoglio di essere siciliani, mettendo a posto i conti e sviluppando l’economia. La Sicilia – continua Crocetta – non vuole vivere di assistenzialismo e parassitismo, vuole vivere con le proprie risorse e questo cambia la prospettiva totale e inverte la tendenza politica di oltre 50 anni. Siamo orgogliosi, felici, insieme a tutti i siciliani, di festeggiare una rivoluzione che continua e che è in corso in Sicilia. Questo è merito di tutti i siciliani”.
E il Presidente della Regione non perde occasione per  tornare ad intestarsi quel modello sicilia che i grillini definiscono essere di loro esclusiva pertinenza “Il modello Sicilia è siciliano, è fatto dai siciliani e – afferma il Presidente – ce la faremo a fare divenire la nostra regione, una delle più sviluppate d’Europa, ma anche una regione che diventa un simbolo sul piano dei diritti civili, della lotta alla mafia, della trasparenza, dando impulso a una rivoluzione culturale che mette al centro anche i soggetti deboli”.
poi una lunga serie di ringraziamenti agli autori della devoluzione: “Un grazie sentito al Presidente del Consiglio e a tutti i Ministri ed in particolare al Ministro Grilli ed al dirigente Fabrizia La Pecorella. Grazie al Ministro Barca per il decreto sui fondi Fas, approvato nella seduta di Governo di oggi”.
Ma per conoscere la sostanza del provvedimento e la sua attuazione bisognerà aspettare fino a lunedì’

Attuazione art 37, le tasse restano in Sicilia Bianchi: “Trasferite risorse ma anche funzioni”

Attuazione art 37, le tasse restano in Sicilia Bianchi: “Trasferite risorse ma anche funzioni”:
“L’attuazione dell’art. 37 dello Statuto e dunque il riconoscimento alla Sicilia delle tasse pagate dalle imprese che operano nell’isola è un grande successo che ha una portata oserei dire storica. Ma non facciamoci tranne in inganno non si tratta di somme che ci permettono di chiudere il bilancio. E soprattutto insieme al riconoscimento delle imposte nel decreto legge ci sarà anche il trasferimento di funzioni dallo Stato alla Regione”.
E’ contento del risultato portato a casa ma prudente nell’entusiasmo l’assessore regionale per l’economia Luca Bianchi dopo l’annuncio del riconoscimento, da parte dello Stato, dell’art. 37 dello Statuto siciliano.
“Tecnicamente il necessario passaggio in Conferenza parificata Stato-Regione viene superato attraverso un decreto legge nazionale. in pratica è lo Stato che riconosce lo Statuto e ne da il via libera all’applicazione”.
Una vera e propria devoluzione che sembrava impossibile fino a qualche ora fa “ha contato molto nella trattativa – dice Bianchi – il risanamento dei conti in atto. ma bisogna anche riconoscere che, per assurdo, la crisi economica nazionale ci ha aiutato. solo qualche anno fa questo gettito sarebbe stato valutato in circa 250 milioni di euro l’anno. Difficilmente lo Stato ci avrebbe rinunciato. Oggi vale circa un quinto, quindi non più di 50 milioni di euro“.
Ma lo Stato devolve un simile gettito, anche se decurtato, dopo anni di battaglie anche giudiziarie, senza colpo ferire ne chiedere nulla in cambio?
“Certo che no. Il decreto legge attualmente in via di definizione prevederà che alla Regione vengano devolute, oltre gli incassi fiscali, anche una serie di funzioni con i relativi costi. Proprio per questo si sono fatti i conti sul valore del gettito. L’accordo prevede che le funzioni che verranno demandate non debbano costare più dei 50 milioni di gettito previsto”.
Allora è un successo solo sulla carta, a saldo zero?
“Anche se ancora devono essere definite le funzioni che ci verranno devolute ed il loro costo vedrete che nel bilancio di previsione ci sarà una posta in entrata che valutiamo in una decina di milioni di euro. Certamente nel 2013 non sarà un grande introito ma è comunque un aiuto e soprattutto è il riconoscimento di un diritto dei siciliani”
Allora un buon risultato teorico ma che porterà solo qualche piccolo introito economico in termini complessivi di bilancio
“In una prima fase non riscuoteremo direttamente le imposte ma ci sarà un trasferimento di risorse da Roma a Palermo, una sorta di compensazione per il 2013. Poi bisognerà valutare dal 2014 in poi il gettito. Bisogna tener presente che attualmente queste imposte valgono circa 50 milioni di euro l’anno ma se sapremo far riprendere l’economia gli importi cambieranno con il crescere della produzione”.
Ma l’assessore Bianchi conta, soprattutto su un impiego diverso di questo provvedimento, una sorta di legge-incentivo “Se gestiamo noi le imposte, la Sicilia potrà decidere di modularle come crede. Potremo, ad esempio, dar vita a forme di detassazione anche parziale. Provvedimenti del genere potrebbero essere volano di attrazione di nuove imprese o comunque di nuovi investimenti delle esistenti. Insomma si apre un ventaglio di possibilità su cui lavorare per lo sviluppo della Sicilia“.
La sfida adesso è quella di vigilare sull’emanazione del decreto legge e sui costi delle funzioni che verranno demandate alla Sicilia per evitare che il successo possa trasformarsi nell’ennesima trappola romana.

Risultati del sondaggio sulla RAI libera dai partiti

Risultati del sondaggio sulla RAI libera dai partiti:
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Hanno partecipato al sondaggio sul futuro della RAI libera dai partiti 95.000 persone. Il 99% dei partecipanti vuole una RAI finalmente svincolata, libera e indipendente dai partiti. Il 75% è favorevole alla vendita di due dei tre canali tramite un'asta pubblica. Il 99% vuole trasparenza e una riduzione delle consulenze esterne della RAI, in modo da poter sfruttare maggiormente la forza lavoro interna. Una RAI libera dai partiti secondo i partecipanti dovrebbe occuparsi di cultura (75%), tematiche ambientali ed energetiche (60%), inchieste giornalistiche e approfondimenti (52%), informazione internazionale (49%). Seguono economia, cronaca politica, cinema, serie tv e tematiche locali, sport, tecnologia e scienza.

Guarda il dettaglio dei risultati.

Grazie a tutti coloro che hanno partecipato!

La nuova trappola

La nuova trappola: di Paolo Becchi



 Ci sono voluti un mese di polemiche ed una comunicazione ufficiale del Presidente della Repubblica per prendere atto della mia analisi sulla prorogatio del Governo Monti. Sono passati 106 giorni, con oggi, dalle dimissioni del Governo e dal passaggio dello stesso al regime di prorogatio. Sì, perché – di grazia – quest’ultima inizia a decorrere dal momento in cui il Governo rassegna le proprie dimissioni nelle mani del Capo dello Stato. Si sa, la “boria dei dotti” di vichiana memoria non ha limiti: i “costituzionalisti” da giornali continueranno a ripetere che prorogatio è un termine tecnicamente inopportuno o inappropriato, continueranno a scrivere sulle prime pagine dei quotidiani nazionali, nonostante la sberla che si sono presi, nonostante la prova d’ignoranza (o malafede?) che hanno dato. Personalmente, non mi interessa. Forse, però, dovrebbe interessare la public opinion di questo Paese.







 Sono stanco di avere ragione, lo ammetto. Prima, però, di abbandonare le luci della ribalta in cui sono involontariamente caduto e ritornare ai miei studi, temo di dover ancora una volta intervenire per sfatare una tesi assurda. Purtroppo ciò che scrivo resterà, temo, lettera morta, e verrà giudicato un semplice esercizio scolastico. Ma – è dovere dirlo, per onestà intellettuale – la tesi secondo la quale il Parlamento non potrebbe istituire le Commissioni permanenti senza prima la formazione di un nuovo Governo è radicalmente priva di fondamento. È una sciocchezza, né più né meno delle sciocchezze che, per più di un mese, sono state sostenute contro la prorogatio.



 Per un mese una serie di “costituzionalisti”, politici, giornalisti ed affini ci hanno raccontato che non avevamo un Governo in Italia e che, senza Governo, il Parlamento non poteva fare alcunché. Finalmente il Capo dello Stato si è lasciato scappare che un Governo esiste, “è operativo” e che, pur dimissionario, non è dimesso. Immediato riposizionamento dei nostri commentatori: è vero, dicono ora, il Governo c’è, ma il Parlamento non può procedere alla formazione delle Commissioni, per poter iniziare finalmente a lavorare. C’è una logica, dietro queste affermazioni? Sì, c’è una logica che non ha nulla a che vedere con il dettato costituzionale, ma con il tradizionale modo di operare dei “partiti”: la formazione delle Commissioni permanenti, infatti, ha sempre implicato, nel cancro della nostra storia repubblicana, una serie di accordi, trattative e compromessi tra i partiti per la ripartizione dei Presidenti delle Commissioni. Momento fondamentale, dunque, delle logiche partitiche. Per questa ragione, allora, Pd e Pdl stanno “bloccando” la formazione delle Commissioni. Perché, senza prima l’accordo sul nuovo Governo, è ancora incerta la divisione tra maggioranza ed opposizione in Parlamento, è ancora irrisolto il problema essenziale per i partiti: capire chi andrà alla maggioranza, esprimendo il Governo, e, di conseguenza, come le Presidenze delle Commissioni potranno essere ripartite a partire da questa divisione maggioranza-opposizione.

Questo stallo, che sta portando al “blocco” del Parlamento, è espressione non del dettato costituzionale, ma del fatto che Pd e Pdl vogliono, prima di formare le Commissioni, chiarire la “questione Governo”.



 In realtà, però, la formazione delle Commissioni non ha bisogno di alcun intervento del Governo e, a maggior ragione, di alcun nuovo Governo che sostituisca quello dimissionario. Del resto il Parlamento ha, senza la formazione del nuovo Governo, provveduto all’elezione dei Presidenti di Camera e Senato. Presidenti che, tuttavia, si sono per ora rifiutati di procedere secondo quanto prevedono i regolamenti parlamentari. L’art. 17 del regolamento della Camera, infatti, disposte che il Presidente nomini i deputati che compongono a Giunta delle elezioni (quella, per intenderci, che dovrà valutare l’eventuale ineleggibilità di Berlusconi) “non appena costituiti i Gruppi parlamentari”. A sua volta, il regolamento del Senato prevede che “Il Presidente, non appena costituiti i Gruppi parlamentari, nomina i componenti della Giunta per il Regolamento, della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari e della Commissione per la biblioteca e per l'archivio storico, dandone comunicazione al Senato”. Per la cronaca: i Gruppi si sono costituiti il 19 Marzo, ma non risulta che a ciò sia seguito alcunché. Ed i giorni passano.



 Che la formazione delle Commissioni non abbia nulla a che vedere con il Governo, inoltre, risulta chiarissimo da quanto dispongono, a questo proposito, i regolamenti parlamentari:

Art. 19 Regolamento Camera dei Deputati: “Ciascun Gruppo parlamentare, subito dopo la costituzione, designa i propri componenti nelle Commissioni permanenti, ripartendoli in numero uguale in ciascuna Commissione e dandone comunicazione immediata al Segretario generale della Camera. Il Presidente della Camera, sulla base delle proposte dei Gruppi, distribuisce quindi fra le Commissioni, in modo che in ciascuna di esse sia rispecchiata la proporzione dei Gruppi stessi, i deputati che non siano rientrati nella ripartizione a norma del precedente comma nonché quelli che appartengono a Gruppi la cui consistenza numerica è inferiore al numero delle Commissioni”.
Art. 21 Regolamento del Senato: “Ciascun Gruppo, entro cinque giorni dalla propria costituzione, procede, dandone comunicazione alla Presidenza del Senato, alla designazione dei propri rappresentanti nelle singole Commissioni permanenti di cui all'articolo 22, in ragione di uno ogni tredici iscritti, fatto salvo quanto previsto al comma 4-bis”
 È evidente che la formazione del nuovo Governo non ha nulla a che vedere con l’obbligo, per il Parlamento, di procedere alla formazione delle Commissioni permanenti, formazione indispensabile affinché l’Assemblea possa iniziare a legiferare. Stanno “bloccando” il sistema, ed è ovvia la ragione: i partiti vogliono rimandare al più a lungo possibile le questioni su cui, attualmente, non saprebbero come rispondere. Mi riferisco all’ineleggibilità di Berlusconi, alla riforma della legge elettorale, alle norme sulla corruzione e sui costi della politica. Pd e Pdl vogliono aspettare, vogliono prima cercare di trovare un “accordo” di massima su tutto questo. Ma, in questo modo – e nella storia repubblicana non era mai accaduto – si sta compiendo una grave violazione della democrazia parlamentare, impedendone il funzionamento.



 Il M5S deve reagire, non può lasciarsi “bloccare” da questi espedienti tipici della partitocrazia, dai giochi di corridoio ed anticamera. Che designi immediatamente, per il Senato, i propri rappresentanti nelle Commissioni e che, al contempo, inoltri una formale protesta ufficiale contro quanto sta accadendo. Deve chiedere l’intervento del Capo dello Stato, quale garante della Costituzione, per porre fine a questa palese ed evidente violazione delle regole della democrazia parlamentare.



 È il momento di prendere una posizione chiara, netta, contro Pd e Pdl, contro questo sistema che tenta di consumare, come un parassita, i deputati e senatori del M5S appena entrati in Parlamento. Non sporcatevi le mani con i partiti ed i loro compromessi, o sarete perduti per sempre.

Riceverò altre critiche, non ne dubito. Risponde per me Vittorio Feltri, che in un twitter mi ha scritto: “Il suo torto è quello di avere ragione. Non glielo perdonano".


5 aprile 2013

"La legge sul voto di genere è una porcata Crocetta non è diverso dagli altri"

"La legge sul voto di genere è una porcata Crocetta non è diverso dagli altri":
Intervista aI capogruppo grillino all'Ars, Giancarlo Cancelleri, che parla del rapporto con il governatore dopo il voto contrario del Movimento Cinque Stelle al ddl per la doppia preferenza di genere. “Se Crocetta va a Roma gli finisce peggio che a Bersani. Il modello Sicilia siamo noi e la nostra opposizione responsabile”.