Processo Mediaset, ex premier interdetto per 3 anni dai pubblici uffici. I giudici: “evasione era notevolissima”. Replica: “così non si va avanti. Devo fare qualcosa…”
Silvio Berlusconi
L’ex premier è furioso per una sentenza che lo ha colto del tutto di sorpresa. Il Pdl fa quadrato intorno a lui. E dopo la condanna Mediaset chiude la seduta in Borsa in pesante ribasso. Il titolo ha perso il 3,11% a 1,33 euro.
Condonati 3 anni grazie alla legge sull’indulto. I giudici hanno condonato tre anni dei quattro inflitti a Silvio Berlusconi sulla scorta dalla legge sull’indulto, la Legge 241 del 2006. Interamente condonata, sempre per questa ragione, la condanna inflitta al produttore cinematografico Frank Agrama.
Gli altri condannati, 3 anni a Frank Agrama. Oltre a Berlusconi sono tre gli altri imputati condannati. «I giudici hanno condannato il produttore statunitense Frank Agrama a 3 anni di reclusione e gli ex manager Daniele Lorenzano Gabriella Galetto, rispettivamente a 3 anni e otto mesi e a un anno e due mesi. Le altre sei persone finite sotto processo, tra cui il fondatore della Arner Bank Paolo Del Bue e Giorgio Dal Negro sono state assolte per prescrizione o con formula piena.
Condanna più alta di quanto richiesto dai pm. La condanna a quattro anni di reclusione è più alta della richiesta avanzata dai pm che era di 3 anni e 8 mesi di carcere. Nessun commento al momento da parte della difesa di Berlusconi che sta sentendo le motivazioni in aula. La condanna all’interdizione ai pubblici uffici per tre anni non è immediatamente esecutiva ma scatterebbe solo quando la sentenza dovesse passare in giudicato, quindi con il terzo grado di giudizio.
Interdizione di 5 anni dai pubblici uffici. Silvio Berlusconi è stato condannato a cinque anni, e non tre, come detto inizialmente, di interdizione dai pubblici uffici. È stato invece condannato a tre anni di interdizione dagli uffici direttivi delle imprese.
I 10 milioni di euro. I giudici hanno disposto un versamento a titolo provvisionale di 10 milioni di euro da parte degli imputati condannati, tra i quali, quindi, Berlusconi, all’Agenzia delle Entrate.
Le motivazioni: “sistema fraudolento”. Il meccanismo di compravendita dei diritti tv Mediaset fu un sistema «fraudolento», che non aveva «una logica commerciale» e attraverso il quale «i prezzi hanno subito dei rincari non giustificati», affermano i giudici della Prima sezione Penale di Milano nelle motivazioni del processo.
«Evasione notevolissima». I giudici nelle motivazioni quantificano questa «evasione notevolissima» in 17,5 miliardi di lire nel 2000, in 6,6 milioni di euro nel 2001, in circa 4 milioni nel 2002, e in circa 2 milioni nel 2003. I giudici richiamano anche una testimonianza, nella quale si parla di un sistema «per evidenti fini di evasione fiscale». Sistema che, secondo i giudici, anche altri testi hanno confermato.
«Fondi neri a Berlusconi». Il «sistema» dei diritti tv aveva un «duplice fine»: una «imponente evasione fiscale» e la «fuoriuscita» di denaro «a favore di Silvio Berlusconi», affermano i giudici. Berlusconi, aggiungono, «rimane al vertice della gestione dei diritti» e del meccanismo fraudolento anche «dopo la discesa in campo», perché «non c’era un altro soggetto» a gestire il sistema di frode. Il processo Mediaset ha fornito la «piena prova» di un sistema «per una enorme evasione fiscale realizzata da Berlusconi». Questo sistema, hanno chiarito i giudici, «ha richiesto l’intervento di fiduciari stranieri», dell’apertura di «numerosi conti» e ha anche richiesto la «movimentazione» di somme di denaro.
«Società occulte». I giudici spiegano che Frank Agrama, produttore statunitense anche lui condannato, aveva lo stesso ruolo «delle tante società occulte del gruppo Berlusconi». E il sistema dei diritti tv, aggiungono, era supportato da una «organizzazione capillare per la lievitazione dei costi».
La replica del Cavaliere. Esplode, ovviamente, la rabbia del Cavaliere che addirittura lascia intendere un nuovo, clamoroso ripensamento sul suo ritiro. Tutto in una frase, che inizia ma si interrompe giusto in tempo: “Così non si può andare avanti, dobbiamo fare qualcosa”. Il giorno della condanna, Berlusconi torna alle vecchie abitudini: alza la cornetta e in diretta con Studio Aperto ricorda a chi lo considera ormai un ex che il passo indietro non significa necessariamente un biglietto di sola andata per Antigua: “Ero certo di essere assolto da un’accusa totalmente fuori dalla realtà, è una condanna politica incredibile e intollerabile. Non si può andare avanti così, è la conferma di un accanimento giudiziario e dell’uso della giustizia a fini politici”. “Così non è democrazia, questa è una condanna politica in un Paese barbaro”.
Due giorni dopo l’annuncio di primarie e l’addio alla politica attiva, Berlusconi deve fare i conti con una nuova grana giudiziaria. La condanna è pesante, l’interdizione dai pubblici uffici anche. Certo, è il primo grado, c’è l’indulto e una prescrizione che non sembra lontana. Ma queste valutazioni, nel pomeriggio della sentenza, restano in secondo piano. Berlusconi è preoccupato. Da giorni il barometro segnava tempesta. Con i suoi avvocati aveva analizzato il dossier e la conclusione era stata sconfortante. Temeva la condanna. Anche alla luce di queste considerazioni, convinto dell’imminente mazzata giudiziaria, l’ex premier aveva bruciato le tappe e concesso ad Alfano e ai colonnelli la ‘resa’. Primarie e passo indietro prima della condanna, almeno la tempistica l’avrebbe dettata lui.
Ma non basta questa ricostruzione a spiegare tutto. Perché la partita si lega strettamente alla battaglia in corso nel Pdl. Da una parte il gruppo dirigente che si è andato via via coagulando intorno ad Alfano, dall’altra i falchi alla Santanché. Il Cav, è ormai noto, non considera il partito una creatura da preservare. Né ha gradito il progressivo ‘smarcamento’ – sia pure felpato e cauto – dei colonnelli berlusconiani. La sentenza Mediaset diventa allora l’occasione per ridare fuoco alle polveri. E’ proprio Santanché a invocare il clamoroso ritorno: “Silvio, ripensaci”.
I colonnelli del partito per conto loro si lanciano in condanne dei giudici. L’”ennesima prova di accanimento giudiziario nei confronti del presidente Silvio Berlusconi. Una condanna inaspettata e incomprensibile” per Angelino Alfano, segretario del Pdl.
Per ora, però, Berlusconi non rimette in moto la macchina organizzativa che aveva lanciato a tutta velocità con l’obiettivo di superare il pidielle. Gli incontri con gli imprenditori restano in stand by, bisogna valutare pro e contro e testare le reazioni del partito. Al momento l’ipotesi di un ritorno è solo arma di pressione politica. D’altra parte, in questa direzione vanno i consigli della famiglia e degli amici più cari. Resta il fatto che la sentenza Mediaset non esaurisce il capitolo giudiziario. Entro l’anno potrebbe chiudersi il primo grado del Ruby gate, nervo scoperto per il Cavaliere. “Dobbiamo fare qualcosa”, per ora basta questo.