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13 novembre 2013
Lo spettro del populismo
Lo spettro del populismo:
di Paolo Becchi
"Uno spettro si aggira per l’ Europa. No, non è lo spettro del comunismo di cui parlava Marx nel Manifesto del Partito Comunista. Lo spettro, oggi, è un altro: quello del populismo. Ecco la grande paura dei poteri forti, invisibili (anch’essi, dunque, in un certo modo spettrali), che controllano quella che Ida Magli definisce la Dittatura Europea: la paura che nel Parlamento europeo, alle prossime elezioni, si insinuino – a fianco alle forze dei partiti “tradizionali” – movimenti di aperta e reale opposizione a questa idea d’Europa, a questa oligarchia economico-finanziaria che è stata chiamata Unione Europea. E allora ecco che, una volta individuato il nemico, bisogna dargli un nome e combatterlo: il nome è populismo, e la sua versione italiana è il M5S. Cominciamo a fare un poco di chiarezza. Il “populismo” non esiste. Esistono i populisti, che tra loro non hanno, talvolta, nulla in comune, e che possono esprimere, di volta in volta, movimenti radicali di protesta, forme politiche reazionarie. Cos’hanno a che vedere i populisti russi, i narodniki slavofili, con i populisti della guardia del ferro rumena? Come definire sotto un’unica categoria, il populismo gandhiano, la Jacksonian democracy ed il peronismo? Questa "caccia al populismo" esiste almeno da vent’anni in Europa. Come ricorda Jean-Claude Guillebaud, nell’articolo Populismo scritto nel 1996, il termine ha conosciuto nel corso degli anni novanta "uno straordinario destino mediatico", designando in modo vago "ogni pensiero che si allontanasse dall’ortodossia monetaristica liberale". In questo modo, populismo diventa un’arma retorica da utilizzare contro i gruppi più vari e diversi: dai trozkisti agli ecologisti, dalle destre reazionarie e neo-fasciste ai movimenti di critica sociale e di protesta. Troppo facile e riduttivo pensare, come fa Eco (*), il populismo come "una forma di regime che […] tende a stabilire un rapporto plebiscitario immediato tra il leader carismatico e le folle". In questo modo il termine “populismo” diventa essenzialmente polemico, una marca per stigmatizzare fenomeni ed esperienze del tutto eterogenee (il tatcherismo diventa una forma di "populismo ibrido" comparabile al nazional-populismo dell’estrema destra francese, al telepopulismo berlusconiano al populismo agrario polacco, al socialismo populista di Lumumba, e così via (**). Cosa significa tutto ciò? Che non c’è alcuna dottrina, alcuna teoria politica che possa definire il populismo. Il populismo non è una teoria politica: è, piuttosto, una sindrome – una serie di sintomi, di segni indicativi di una malattia. È ciò che esprime un malessere che cova all’interno della società, che lo porta di volta in volta in forme diverse alla luce. Il “populismo” non è che il nome retorico del malessere di un’Europa malata, l’ Europa dei banchieri della speculazione finanziaria, del partito unico dell’ Euro che sta riducendo alla fame milioni di cittadini europei. Il punto non è, allora, che cosa sia il populismo (il populismo non è niente, non esiste). È, piuttosto, quale Europa vogliamo. È questo il vero tema di discussione, il vero punto critico, la questione reale che forze come il M5S rappresentano sulla scena nazionale ed europea. In Europa il M5S, la sua presenza nel Parlamento Europea, imporrà una ridiscussione dell’idea di Europa che si è costruita, imporrà l’esigenza di un’Europa che deve tornare ad essere quella dei popoli e non delle grandi elites finanziarie. Il “populismo” non c’entra nulla. È di questo che hanno paura i poteri forti. E se in Italia non si avranno elezioni politiche a breve termine, è perché si teme che alla presidenza di turno dell’Italia si presenti una forza a 5 stelle. La rivoluzione cominciata in Italia si estenderebbe allora immediatamente in Europa: è questa la vera ragione perché non ci saranno elezioni politiche in Italia. Ci saranno, però, quelle europee, ed è lì che il M5S potrà e dovrà ripetere il successo delle precedenti politiche. Da cosa cominciare, dunque, per una nuova idea di Europa? Che cosa vogliamo? Che cosa non vogliamo? La discussione deve cominciare, finalmente. Ci piacerebbe che essa fosse ispirata da una riflessione di uno dei più grandi filosofi della seconda metà del novecento, John Rawls, il quale scriveva (***): "Un punto sul quale gli europei dovrebbero interrogarsi riguarda, se mi si concede di azzardare un suggerimento, quanto lontano vogliono che si proceda con la loro unificazione. Mi sembra che molto sarebbe perduto se l’Unione europea diventasse un’unione federale come quella degli Stati Uniti. In quest’ultimo caso, infatti, esiste un linguaggio condiviso del discorso politico e una completa disponibilità a passare da una all’altra forma di Stato. Inoltre, non sussiste un conflitto tra un ampio e libero mercato comprendente tutta l’Europa, da una parte, e dall’altra i singoli Stati-nazione, ciascuno con le proprie istituzioni, memorie storiche, e forme e tradizioni di politica sociale. Sicuramente questi elementi sono di grande valore per i cittadini di tali paesi, poiché danno senso alle loro vite. Un ampio mercato aperto che includa tutta Europa rappresenta l’obiettivo delle grandi banche e della classe capitalista, il cui principale obiettivo è semplicemente quello di realizzare il più alto profitto. L’idea di crescita economica progressiva e indeterminata caratterizza perfettamente questa classe. Quando parlano di redistribuzione, lo fanno di solito in termini di redistribuzione a gocciolamento. Il risultato a lungo termine di questa politica economica — già in atto negli Stati Uniti — conduce ad una società civile travolta da un consumismo senza senso. Non posso credere che ciò è quanto desiderate" Paolo Becchi
(*) U. Eco, Ammazza l’uccellino, in Id., A passo di gambero
(**) Si vedano, a questo proposito, le classificazioni analizzate da P.-A. Taguieff, L’illusione populista
(***) Lettera scritta da Rawls a P. Van Parijs nel 1998, pubblicata in J. Rawls - P Van Parijs, Three Letters on The Law of Peoples and the European Union, in «Revue de philosophie économique», 8, 2003, pp. 7-20; trad. it. Dialogo sull’Europa, in «MicroMega», 2, 2012, pp. 197-220).
di Paolo Becchi
"Uno spettro si aggira per l’ Europa. No, non è lo spettro del comunismo di cui parlava Marx nel Manifesto del Partito Comunista. Lo spettro, oggi, è un altro: quello del populismo. Ecco la grande paura dei poteri forti, invisibili (anch’essi, dunque, in un certo modo spettrali), che controllano quella che Ida Magli definisce la Dittatura Europea: la paura che nel Parlamento europeo, alle prossime elezioni, si insinuino – a fianco alle forze dei partiti “tradizionali” – movimenti di aperta e reale opposizione a questa idea d’Europa, a questa oligarchia economico-finanziaria che è stata chiamata Unione Europea. E allora ecco che, una volta individuato il nemico, bisogna dargli un nome e combatterlo: il nome è populismo, e la sua versione italiana è il M5S. Cominciamo a fare un poco di chiarezza. Il “populismo” non esiste. Esistono i populisti, che tra loro non hanno, talvolta, nulla in comune, e che possono esprimere, di volta in volta, movimenti radicali di protesta, forme politiche reazionarie. Cos’hanno a che vedere i populisti russi, i narodniki slavofili, con i populisti della guardia del ferro rumena? Come definire sotto un’unica categoria, il populismo gandhiano, la Jacksonian democracy ed il peronismo? Questa "caccia al populismo" esiste almeno da vent’anni in Europa. Come ricorda Jean-Claude Guillebaud, nell’articolo Populismo scritto nel 1996, il termine ha conosciuto nel corso degli anni novanta "uno straordinario destino mediatico", designando in modo vago "ogni pensiero che si allontanasse dall’ortodossia monetaristica liberale". In questo modo, populismo diventa un’arma retorica da utilizzare contro i gruppi più vari e diversi: dai trozkisti agli ecologisti, dalle destre reazionarie e neo-fasciste ai movimenti di critica sociale e di protesta. Troppo facile e riduttivo pensare, come fa Eco (*), il populismo come "una forma di regime che […] tende a stabilire un rapporto plebiscitario immediato tra il leader carismatico e le folle". In questo modo il termine “populismo” diventa essenzialmente polemico, una marca per stigmatizzare fenomeni ed esperienze del tutto eterogenee (il tatcherismo diventa una forma di "populismo ibrido" comparabile al nazional-populismo dell’estrema destra francese, al telepopulismo berlusconiano al populismo agrario polacco, al socialismo populista di Lumumba, e così via (**). Cosa significa tutto ciò? Che non c’è alcuna dottrina, alcuna teoria politica che possa definire il populismo. Il populismo non è una teoria politica: è, piuttosto, una sindrome – una serie di sintomi, di segni indicativi di una malattia. È ciò che esprime un malessere che cova all’interno della società, che lo porta di volta in volta in forme diverse alla luce. Il “populismo” non è che il nome retorico del malessere di un’Europa malata, l’ Europa dei banchieri della speculazione finanziaria, del partito unico dell’ Euro che sta riducendo alla fame milioni di cittadini europei. Il punto non è, allora, che cosa sia il populismo (il populismo non è niente, non esiste). È, piuttosto, quale Europa vogliamo. È questo il vero tema di discussione, il vero punto critico, la questione reale che forze come il M5S rappresentano sulla scena nazionale ed europea. In Europa il M5S, la sua presenza nel Parlamento Europea, imporrà una ridiscussione dell’idea di Europa che si è costruita, imporrà l’esigenza di un’Europa che deve tornare ad essere quella dei popoli e non delle grandi elites finanziarie. Il “populismo” non c’entra nulla. È di questo che hanno paura i poteri forti. E se in Italia non si avranno elezioni politiche a breve termine, è perché si teme che alla presidenza di turno dell’Italia si presenti una forza a 5 stelle. La rivoluzione cominciata in Italia si estenderebbe allora immediatamente in Europa: è questa la vera ragione perché non ci saranno elezioni politiche in Italia. Ci saranno, però, quelle europee, ed è lì che il M5S potrà e dovrà ripetere il successo delle precedenti politiche. Da cosa cominciare, dunque, per una nuova idea di Europa? Che cosa vogliamo? Che cosa non vogliamo? La discussione deve cominciare, finalmente. Ci piacerebbe che essa fosse ispirata da una riflessione di uno dei più grandi filosofi della seconda metà del novecento, John Rawls, il quale scriveva (***): "Un punto sul quale gli europei dovrebbero interrogarsi riguarda, se mi si concede di azzardare un suggerimento, quanto lontano vogliono che si proceda con la loro unificazione. Mi sembra che molto sarebbe perduto se l’Unione europea diventasse un’unione federale come quella degli Stati Uniti. In quest’ultimo caso, infatti, esiste un linguaggio condiviso del discorso politico e una completa disponibilità a passare da una all’altra forma di Stato. Inoltre, non sussiste un conflitto tra un ampio e libero mercato comprendente tutta l’Europa, da una parte, e dall’altra i singoli Stati-nazione, ciascuno con le proprie istituzioni, memorie storiche, e forme e tradizioni di politica sociale. Sicuramente questi elementi sono di grande valore per i cittadini di tali paesi, poiché danno senso alle loro vite. Un ampio mercato aperto che includa tutta Europa rappresenta l’obiettivo delle grandi banche e della classe capitalista, il cui principale obiettivo è semplicemente quello di realizzare il più alto profitto. L’idea di crescita economica progressiva e indeterminata caratterizza perfettamente questa classe. Quando parlano di redistribuzione, lo fanno di solito in termini di redistribuzione a gocciolamento. Il risultato a lungo termine di questa politica economica — già in atto negli Stati Uniti — conduce ad una società civile travolta da un consumismo senza senso. Non posso credere che ciò è quanto desiderate" Paolo Becchi
(*) U. Eco, Ammazza l’uccellino, in Id., A passo di gambero
(**) Si vedano, a questo proposito, le classificazioni analizzate da P.-A. Taguieff, L’illusione populista
(***) Lettera scritta da Rawls a P. Van Parijs nel 1998, pubblicata in J. Rawls - P Van Parijs, Three Letters on The Law of Peoples and the European Union, in «Revue de philosophie économique», 8, 2003, pp. 7-20; trad. it. Dialogo sull’Europa, in «MicroMega», 2, 2012, pp. 197-220).
Xiaomi vende Mi3 e HongMi a ritmi incredibili e si prepara all’Europa
Xiaomi vende Mi3 e HongMi a ritmi incredibili e si prepara all’Europa:
Non è la prima volta che sentiamo parlare di record stabiliti dal costruttore cinese Xiaomi. Siamo abituati a vedere i suoi terminali venduti in pochissimi minuti, se non secondi, una volta che vengono messi online e si scatena una miriade di clic selvaggi volti all’acquisto.
In attesa di poterli vedere anche in Europa attraverso un canale ufficiale, si è parlato nei giorni scorsi di un possibile futuro approdo direttamentein Italia ma, più che un sito di vendita, pare arriverà un Forum per iniziare, è ancora la Cina che tiene banco nelle ultime ore.
A parte gli scherzi ancora una volta è chiaro l’enorme potenziale di questo marchio che, da qualche mese, si avvale della preziosa collaborazione di Hugo Barra, manager ex Google. Alla fine della giornata, infatti, le vendite avevano raggiunto l’equivalente di ben 67 milioni di dollari: non male per un’azienda nata nel 2010. Dovesse arrivare anche in Europa Xiaomi, cosa succederebbe al mercato?
Via ! TechInAsia
Non è la prima volta che sentiamo parlare di record stabiliti dal costruttore cinese Xiaomi. Siamo abituati a vedere i suoi terminali venduti in pochissimi minuti, se non secondi, una volta che vengono messi online e si scatena una miriade di clic selvaggi volti all’acquisto.
Terminali potenti ed economici
Il motivo è molto semplice e lo abbiamo detto più volte: si tratta di terminali all’avanguardia, c’è chi dice i migliori tra quelli cinesi proposti dai nuovi costruttori arrembanti, e che presentano prezzi davvero più che interessanti per il concentrato tecnologico che racchiudono.In attesa di poterli vedere anche in Europa attraverso un canale ufficiale, si è parlato nei giorni scorsi di un possibile futuro approdo direttamentein Italia ma, più che un sito di vendita, pare arriverà un Forum per iniziare, è ancora la Cina che tiene banco nelle ultime ore.
220mila pezzi in soli 3 minuti
I terminali a fare notizia stavolta sono l’HongMi e il Mi3 che hanno venduto qualcosa come 220mila pezzi, 110mila ognuno, in soli 3 minuti dal via alle vendite nella giornata del single, l’esatto contrario di San Valentino. Evidentemente i single hanno deciso di festeggiare il loro status regalandosi un nuovo Xiaomi fiammante, per non pensare più alle loro pene amorose.A parte gli scherzi ancora una volta è chiaro l’enorme potenziale di questo marchio che, da qualche mese, si avvale della preziosa collaborazione di Hugo Barra, manager ex Google. Alla fine della giornata, infatti, le vendite avevano raggiunto l’equivalente di ben 67 milioni di dollari: non male per un’azienda nata nel 2010. Dovesse arrivare anche in Europa Xiaomi, cosa succederebbe al mercato?
Via ! TechInAsia
Gente accampata, lunghe code fuori dal negozio: non è il lancio di un iPhone, è Sony
Gente accampata, lunghe code fuori dal negozio: non è il lancio di un iPhone, è Sony: L'interesse suscitato dalle nuove mirrorless full frame da 24 e 36 megapixel Sony Alpha A7 e A7R è davvero elevato: la prima mondiale in Korea vede scene che quasi solo iPhone ha saputo regalare in passato
Ouya: la micro-console Android anche in Italia da Media World e Saturn
Ouya: la micro-console Android anche in Italia da Media World e Saturn: Dopo essere stata lanciata in America e Gran Bretagna, Ouya è pronta per esordire sul mercato nostrano.
Nexus 7 2013 LTE a soli 309€ da MarcoPolo Shop, fino al 17 novembre
Nexus 7 2013 LTE a soli 309€ da MarcoPolo Shop, fino al 17 novembre:
40 Euro di sconto rispetto al prezzo del Play Store è un’offerta che non si vede tutti i giorni, tanto più che è compresa anche la spedizione. Parliamo della promozione indetta da MarcoPolo Shop sul nuovo Nexus 7 2013 in versione LTE con garanzia italiana, proposto a 309€ fino al prossimo 17 novembre (in barba alle promozioni di altre catene).
All’insegna dello slogan “il Natale arriva prima”, l’offerta di MarcoPolo sembra proprio una di quelle da non lasciarsi scappare (anche perché il tempo è poco), specialmente se eravate alla ricerca di un ottimo tablet da 7 pollici, con aggiornamenti garantiti da Google (per 18 mesi) e per di più ad un prezzo di favore. Non ci resta quindi che rimandarvi alla pagina dello store, che questa volta non sembra davvero frutto di alcun errore.
Ringraziamo Marco per la segnalazione.
Nexus 7 Wi-Fi (2012 e 2013) e Nexus 10 ricevono Android 4.4 ma senza Google Experience Launcher
Nexus 7 Wi-Fi (2012 e 2013) e Nexus 10 ricevono Android 4.4 ma senza Google Experience Launcher:
Niente trasparenza nelle barre di sistema, e niente launcher incentrato su Google Search: i timori che hanno preceduto il rilascio della prima OTA per i Nexus precedenti all’ultimo modello si sono concretizzati, e a quanto pare KitKat ha portato importanti novità estetiche solo su Nexus 5, almeno per adesso.
Oggi infatti, Google ha annunciato l’aggiornamento ad Android 4.4 per Nexus 7 2012 e 2013 (solo Wi-Fi) e per Nexus 10, e giudicando dalle immagini pubblicate da chi per primo ha ricevuto l’OTA, il launcher è rimasto lo stesso di Jelly Bean, con i widget nel drawer e tutto il resto, come potete vedere dall’immagine di apertura e da quelle in galleria a fine articolo. Le sole differenze si trovano in alcune icone nel drawer e in quelle nella barra di stato, che ora sono bianche.
È una novità senza precedenti nel mondo Android, che introduce una sorta di “frammentazione” tra dispositivi Nexus, se così la si può chiamare. Sarebbe facile parlarne male, anche perché, nonostante i difetti del Google Experience Launcher che abbiamo già evidenziato in questi giorni, quando c’è una novità di questo tipo tutti la vogliono provare. Google tra l’altro non ha mai rilasciato un vero comunicato su questa anomalia, quindi non ci è dato sapere se e quanto a lungo durerà l’esclusiva del Nexus 5. Certo è che a Mountain View piace sperimentare, ma tra questo e i 18 mesi “netti” di supporto, che hanno escluso il Galaxy Nexus dall’ultimo update di sistema, non siamo del tutto sicuri che il pubblico sarà della stessa opinione.
Installando un launcher alternativo, come l’ultima beta di Nova, le cose in effetti iniziano ad assomigliare di più al KitKat che conosciamo su Nexus 5 (vedi ultima immagine a destra nella galleria a fine articolo), ma nulla vi vieta di prelevare i singoli apk e installarli sul vostro Nexus, per avere un’esperienza davvero affine a quella dell’ultimo Googlefonino.
E per quanto riguarda Nexus 4 e Nexus 7 con rete mobile? Ancora niente OTA per loro, ma la riceveranno “soon”. Quanto presto, non ci è dato saperlo, ma ovviamente ve ne daremo notizia non appena disponibili.
(Continua...)
Leggi il resto di Nexus 7 Wi-Fi (2012 e 2013) e Nexus 10 ricevono Android 4.4 ma senza Google Experience Launcher
Niente trasparenza nelle barre di sistema, e niente launcher incentrato su Google Search: i timori che hanno preceduto il rilascio della prima OTA per i Nexus precedenti all’ultimo modello si sono concretizzati, e a quanto pare KitKat ha portato importanti novità estetiche solo su Nexus 5, almeno per adesso.
Oggi infatti, Google ha annunciato l’aggiornamento ad Android 4.4 per Nexus 7 2012 e 2013 (solo Wi-Fi) e per Nexus 10, e giudicando dalle immagini pubblicate da chi per primo ha ricevuto l’OTA, il launcher è rimasto lo stesso di Jelly Bean, con i widget nel drawer e tutto il resto, come potete vedere dall’immagine di apertura e da quelle in galleria a fine articolo. Le sole differenze si trovano in alcune icone nel drawer e in quelle nella barra di stato, che ora sono bianche.
È una novità senza precedenti nel mondo Android, che introduce una sorta di “frammentazione” tra dispositivi Nexus, se così la si può chiamare. Sarebbe facile parlarne male, anche perché, nonostante i difetti del Google Experience Launcher che abbiamo già evidenziato in questi giorni, quando c’è una novità di questo tipo tutti la vogliono provare. Google tra l’altro non ha mai rilasciato un vero comunicato su questa anomalia, quindi non ci è dato sapere se e quanto a lungo durerà l’esclusiva del Nexus 5. Certo è che a Mountain View piace sperimentare, ma tra questo e i 18 mesi “netti” di supporto, che hanno escluso il Galaxy Nexus dall’ultimo update di sistema, non siamo del tutto sicuri che il pubblico sarà della stessa opinione.
Installando un launcher alternativo, come l’ultima beta di Nova, le cose in effetti iniziano ad assomigliare di più al KitKat che conosciamo su Nexus 5 (vedi ultima immagine a destra nella galleria a fine articolo), ma nulla vi vieta di prelevare i singoli apk e installarli sul vostro Nexus, per avere un’esperienza davvero affine a quella dell’ultimo Googlefonino.
E per quanto riguarda Nexus 4 e Nexus 7 con rete mobile? Ancora niente OTA per loro, ma la riceveranno “soon”. Quanto presto, non ci è dato saperlo, ma ovviamente ve ne daremo notizia non appena disponibili.
(Continua...)
Leggi il resto di Nexus 7 Wi-Fi (2012 e 2013) e Nexus 10 ricevono Android 4.4 ma senza Google Experience Launcher
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