8 maggio 2013

Tour di Beppe Grillo per le comunali 2013

Tour di Beppe Grillo per le comunali 2013:
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Il 26 e il 27 maggio si vota in tutta Italia per le elezioni comunali. 150 comuni* hanno presentato una lista del MoVimento 5 Stelle. A partire da lunedì 13 maggio e fino a venerdì 24 sarò nuovamente in giro per le piazze d'Italia per sostenere le liste civiche del M5S insieme ai candidati e agli attivisti locali.

Ad oggi le città in cui sarò sicuramente presente sono Avellino (13/5), Barletta (14/5), Ancona (15/5), Treviso (16/5), Vicenza (17/5), Imperia (18/5), Orbassano (19/5), Aosta (20/5), Brescia (21/5), Imola (22/5), Siena (23/5) e Roma (24/5). Le dirette streaming di tutti gli eventi saranno trasmesse su La Cosa.

*: più altri 41 in Sicilia, dove si voterà a giugno

Berlusconi condannato anche in appello al processo Mediaset: 4 anni e interdizione - Il Fatto Quotidiano

Berlusconi condannato anche in appello al processo Mediaset: 4 anni e interdizione - Il Fatto Quotidiano

"Piazza Europa è poco fruibile" La denuncia di WWF e Lipu

"Piazza Europa è poco fruibile" La denuncia di WWF e Lipu:
WWF e LIPU sono intervenuti sulla “nuova” Piazza Europa e illustrano le criticità: poco fruibile, poco verde e pericolosa per i bambini.

L'Alfabeto della Vergogna

L'Alfabeto della Vergogna:
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I nomi dei presidenti delle Commissioni parlamentari, spartite tra pdl e pdmenoelle (per questo hanno aspettato di fare il governo prima di istituirle...), sono un potente vaffanculo alla Nazione. La lista della vergogna comprende trombati, inquisiti, mariti, vecchie scarpe dell'inciucio, riscossori di premi partita, trombettieri del falso, senatrici da supermarket con la scorta. Un tocco di P2 più un tocco di D'Alema. Persone nominate per aver fottuto Prodi alle elezioni presidenziali o per il loro instancabile leccare il culo da sempre a Berlusconi. C'è dentro di tutto, un minestrone di falliti, riciclati, bocciati alle politiche, di eterni ritornanti. Questa lista è una provocazione verso i cittadini per scelta delle persone e per la loro generale incompetenza. Se ci fosse una Commissione per i Cessi di Montecitorio occuperebbero anche quella, metà chiappa pdl, metà chiappa pdmenoelle e lascerebbero il cesso da pulire alla finta opposizione di Sel.



L'Alfabeto della Vergogna (*)

Camera

B come Boccia (Bilancio)

B come Bordo (Politiche UE)

C come Capezzone (Finanze)

C come Cicchitto (Esteri)

D come Damiano (Lavoro)

E come Epifani (Attività produttive)

F come Ferranti (pd) (Giustizia)

G come Galan (Cultura)

M come Meta (Trasporti)

R come Realacci (Ambiente)

S come Sani (pd) (Agricoltura)

S come Sisto (Affari Costituzionali)

V come Vargiu (Affari Sociali)

V come Vito (Difesa)

Senato

A come Azzolini (Bilancio)

C come Casini (Esteri)

D come De Biasi (Sanità)

F come Finocchiaro (Affari costituzionali)

F come Formigoni (Agricoltura)

L come Latorre (Difesa)

M come Marcucci (Cultura)

M come Marinello (Ambiente)

M come Marino (Finanze)

M come Matteoli (Telecomunicazioni)

M come Mucchetti (Industria)

P come Palma (Giustizia)

S come Sacconi (Lavoro)

(*) Consigliato ai costipati per facilitare l'evacuazione (è una meraviglia) e per chi voglia facilitare i conati di vomito (non sarete delusi). Leggere lentamente l'elenco per evitare effetti collaterali come la perdita completa dell'equilibrio nervoso e l'insorgere di aggressività incontrollata.

LaEffe TV al debutto: Grillo, Saviano, reportage e film

LaEffe TV al debutto: Grillo, Saviano, reportage e film: Sabato 11 maggio parte LaEffe TV sul canale 50 del digitale terrestre. Trasmissioni in chiaro per fare informazione in modo diverso. Si parte con Grillo, Saviano, docufiction, film e serie TV internazionali. Prevista anche la fruizione online, volendo via smartphone e tablet.

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Floris, giornalista o dipendente?

Floris, giornalista o dipendente?:
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Ieri sera Ballarò ha divulgato i risultati di un sondaggio il cui quesito era:

"Definirebbe il MoVimento 5 Stelle

- un gruppo integralista che non va oltre la protesta

- la vera opposizione che serve al Paese
"

e ha decretato che il M5S è "un gruppo integralista che non va oltre la protesta". Il sondaggio si distingue per rigorosità e professionalità, l'impegno profuso per screditare scientificamente il M5S è sicuramente encomiabile: i servi sono sempre più zelanti dei loro padroni.

Colgo l'occasione per lanciare un sondaggio:

"Definirebbe Giovanni Floris

- un vero giornalista

- un dipendente assunto dal pdmenoelle alla Rai?
"

Votate!

Vogliono rifarsela con internet

Vogliono rifarsela con internet:

Dunque ricomincia la stagione del “web sotto attacco“. Pensavamo di essercela lasciata alle spalle. E invece, a volte, ritornano. Come Giampiero D’Alia, quello che “tutta la rete voleva portarsi via” (cfr: post del 16 febbraio 2009), e che ora fa il ministro della pubblica amministrazione. Immaginiamo con quale lungimiranza e approccio nei confronti di internet. Ma il Ciak si gira! arriva nientemeno che dalla Boldrini, che apre le danze lamentando il trattamento indecoroso ricevuto in rete. Un sortilegio che risveglia d’incanto l’esercito dei pasdaran anti-web, da lungo tempo rinchiusi nel loro sarcofago a incartapecorire. Si invocano leggi severe, si prefigurano possibili aggravanti, si dipingono scenari di inasprimento. E’ un rito collettivo di esorcismo nel quale le vittime del nuovo mondo digitale cercano di vendicarsi del futuro che li ha travolti, come se potesse servire a riavvolgere il nastro catapultandoli come per magia nel loro confortevole status precedente.
I risultati iniziano a vedersi. Poche ore fa, a “Uno Mattina”, uno che se non ho capito male si occupa di diritto si è messo a teorizzare che in fondo, in Italia, tutto questo “anonimato” su internet non serve. In fondo, questo è un grande paese democratico: non siamo mica in Cina. In Cina insomma avrebbe anche un senso, ma qui possiamo farne a meno. E quindi dovremmo legiferare in senso restrittivo delle libertà della rete, perché tutte queste conquiste non si possono mica trasformare in un luogo di impunità.
E’ sempre utile ricordare, tanto per mantenersi in allenamento, che la rete non è uno stato sovrano e non ha un suo ordinamento giuridico a parte. La rete è fatta di server, di software e di persone che vi interagiscono. I server, i software e le persone, se si trovano entro i confini nazionali, sono già soggetti al complesso di norme che regolano tutto il resto. Diffami qualcuno? Non è che se lo fai sul web non sia reato: lo è già. Anzi, è anche peggio, visto che ai sensi dell’art. 595 del nostro codice penale, comma 3, è prevista una aggravante quando la diffamazione sia recata “con il mezzo della stampa o con  qualsiasi altro mezzo di pubblicità”. Ed è innegabile che un blog o una pagina Facebook o un account Twitter siano un “mezzo di pubblicità”. Dunque bisognerebbe ricordare ai talebani anti-rete che il problema non è la legge ma, semmai, i tempi di applicazione delle sanzioni. In altre parole, la palla si sposta dall’avere una normativa più restrittiva (lanciandosi in più che incostituzionali aggravanti generiche per il solo fatto di avere utilizzato il web) all’avere un processo di “monopolio della forza legittima” più efficace (faar rispettare la legge). Bisogna andare a giudizio in tempi ragionevoli, insomma.
Discorso a parte meritano i Don Chisciotte che lottano contro i mulini a vento dell’anonimato in rete, come il nostro esperto di diritto di “Uno Mattina“. Al di là di ogni considerazione filosofica sull’utilità o meno di potersi esprimere in forma anonima, bisognerebbe spiegare a costoro che l’anonimato in rete è un problema che non possono risolvere senza distruggere la rete stessa (e di certo, quest’ultimo è un obiettivo che un qualunque ministro di un qualunque paese periferico come il nostro non riuscirebbe a raggiungere neppure se il suo incarico durasse cento anni). In linea teorica, va chiarito che su internet già adesso nessuno è anonimo. Quando vi collegato al vostro provider, sia con un pc fisso che con un dispositivo mobile, questi provvede a rilasciarvi un indirizzo Ip (oppure lo fa la vostra azienda, che a sua volta ottiene un arco di indirizzi Ip da un provider). Tralasciando le amenità tecniche, si può semplificare dicendo che il vostro computer comunica questo indirizzo Ip in qualunque operazione che compiete in rete (consultare un sito web, inviare un’email, pubblicare qualcosa sui social network eccetera). Quindi, se diffamate qualcuno su Twitter, basta che la polizia postale richieda l’indirizzo Ip del mittente del tweet incriminato a Twitter, Inc (anche se i tempi possono allungarsi parecchio) per risalire al gestore che lo ha rilasciato. Il gestore a sua volta risale ai dati di intestazione del contratto che aveva in uso quell’indirizzo Ip all’ora del “delitto” e la polizia postale farà una visita in casa del tapino, restringendo la cerchia fino a identificare il responsabile finale. Se avevate impostato un’access point wi-fi aperto (senza un’adeguata protezione) sono affari vostri, perché la colpa del tweet molesto, o del download illegale, sarà comunque vostra anche se non siete stati voi. In condizioni di utilizzo ordinario della rete, insomma, non siete anonimi. Mai. La vostra identificazione è solo questione di tempo e di risorse disponibili, dopodiché si applicano le leggi esistenti. Ma del resto va da sè che, se non siete anonimi, il problema dell’anonimato in rete non si pone: ricadiamo di nuovo nel campo dell’esigenza di un’applicazione più puntuale ed efficace della legge.
Vero è che ci sono tuttavia altri sistemi per essere anonimi e per fare in modo che l’indirizzo Ip che viene registrato sul traffico dati non sia quello reale, cioè il vostro, ma uno fittizio. Ci sono i proxy, ci sono i servizi che consentono di inviare email anonime, ci sono le super-reti come Tor che, una volta installate sul proprio computer, rendono l’identificazione del computer fisico all’origine del traffico tanto lunga, complessa e difficile da risultare nella pratica impossibile, a meno che non si smuovano forze e risorse ingenti, che tuttavia vengono mobilitate solo in caso di interessi sovranazionali o economici di grande portata. I sistemi di “anonimizzazione” ci sono, e sono tanto più sicuri quanto più è avanzato il grado di conoscenza del cyber-spazio di chi li usa. Tuttavia, il nostro esperto di diritto di “Uno Mattina” non considera che a questa vulnerabilità (che in realtà rappresenta l’anima stessa della rete per come è stata concepita originariamente) nessuna legge potrà mai porre rimedio. Innanzitutto perché le guerre nel mondo digitale si combattono con sistemi sempre più sofisticati e mutevoli, che cambiano di giorno in giorno, perfino da un’ora con l’altra, mentre le leggi e i loro regolamenti di attuazione cambiano in un arco temporale che sta alla rapidità di evoluzione delle tecniche usate dagli hacker come le ere geologiche stanno alla durata della vita umana. E poi perché, per definizione, se uno ha le conoscenze per rendersi anonimo, hai voglia a fare una legge che lo sanzioni: sarebbe come dichiarare illegali i fenomeni paranormali (ammesso che esistano) e avere la pretesa di comminare sanzioni restrittive ai fantasmi. L’unico modo di avere il controllo totale di internet è chiuderla, cioè staccare i cavi dei dispositivi connessi.
Dunque chi invoca la fine dell’anonimato in rete è uno che vuole ragionare del sesso degli angeli. Ci provò anche la Carlucci che, appena eletta deputata, voleva che ogni singolo bit che transita in rete fosse corredato da una bella carta di identità di chi lo ha originato. Un indimenticabile comma di una sua memorabile proposta di legge recitava così (cfr: “Ucci Ucci… sta arrivando la Carlucci“): «E’ fatto divieto di effettuare o agevolare l’immissione nella rete di contenuti in qualsiasi forma (testuale, sonora, audiovisiva e informatica, ivi comprese le banche dati) in maniera anonima». La proposta di legge annegò tra i flutti tempestosi del mare del ridicolo, e nessuna spedizione di soccorso volle mai recuperarne il relitto.
Riassumendo: l’anonimato in rete, già oggi, per la maggior parte dei navigatori non esiste. E se esiste, c’è molto poco da fare, senza immaginare una cura che uccida anche il paziente. Chi parla della necessità di regolamentarlo per legge non sa quel che dice. Ma questa davvero non è una novità, nel tristo (sì, con la “o”) panorama della consapevolezza digitale del politico medio.
Piuttosto, visto che siamo in tempi di “Convenzioni” per cambiare la Costituzione, sarebbe finalmente il caso di cogliere la palla al balzo e introdurre anche in Italia “Internet” come diritto fondamentale di ogni individuo direttamente nella Carta fondamentale della nostra Repubblica. Come in Finlandia. Se volete sapere a cosa serve internet e come potrebbe cambiare le sorti della nostra economia, se solo a qualcuno (magari a Letta?) venisse in mente di farci uscire dagli ultimi posti della classifica mondiale, leggete “A cosa serve internet“. Daniela Santanché non sembrava afferrarne fino in fondo l’utilità, quando provai a spiegarglielo a L’Ultima Parola. Il che da solo dovrebbe dimostrare quanto sia urgente darsi una mossa.