8 maggio 2013

LaEffe TV al debutto: Grillo, Saviano, reportage e film

LaEffe TV al debutto: Grillo, Saviano, reportage e film: Sabato 11 maggio parte LaEffe TV sul canale 50 del digitale terrestre. Trasmissioni in chiaro per fare informazione in modo diverso. Si parte con Grillo, Saviano, docufiction, film e serie TV internazionali. Prevista anche la fruizione online, volendo via smartphone e tablet.

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Floris, giornalista o dipendente?

Floris, giornalista o dipendente?:
floris_sondaggio.jpg

Ieri sera Ballarò ha divulgato i risultati di un sondaggio il cui quesito era:

"Definirebbe il MoVimento 5 Stelle

- un gruppo integralista che non va oltre la protesta

- la vera opposizione che serve al Paese
"

e ha decretato che il M5S è "un gruppo integralista che non va oltre la protesta". Il sondaggio si distingue per rigorosità e professionalità, l'impegno profuso per screditare scientificamente il M5S è sicuramente encomiabile: i servi sono sempre più zelanti dei loro padroni.

Colgo l'occasione per lanciare un sondaggio:

"Definirebbe Giovanni Floris

- un vero giornalista

- un dipendente assunto dal pdmenoelle alla Rai?
"

Votate!

Vogliono rifarsela con internet

Vogliono rifarsela con internet:

Dunque ricomincia la stagione del “web sotto attacco“. Pensavamo di essercela lasciata alle spalle. E invece, a volte, ritornano. Come Giampiero D’Alia, quello che “tutta la rete voleva portarsi via” (cfr: post del 16 febbraio 2009), e che ora fa il ministro della pubblica amministrazione. Immaginiamo con quale lungimiranza e approccio nei confronti di internet. Ma il Ciak si gira! arriva nientemeno che dalla Boldrini, che apre le danze lamentando il trattamento indecoroso ricevuto in rete. Un sortilegio che risveglia d’incanto l’esercito dei pasdaran anti-web, da lungo tempo rinchiusi nel loro sarcofago a incartapecorire. Si invocano leggi severe, si prefigurano possibili aggravanti, si dipingono scenari di inasprimento. E’ un rito collettivo di esorcismo nel quale le vittime del nuovo mondo digitale cercano di vendicarsi del futuro che li ha travolti, come se potesse servire a riavvolgere il nastro catapultandoli come per magia nel loro confortevole status precedente.
I risultati iniziano a vedersi. Poche ore fa, a “Uno Mattina”, uno che se non ho capito male si occupa di diritto si è messo a teorizzare che in fondo, in Italia, tutto questo “anonimato” su internet non serve. In fondo, questo è un grande paese democratico: non siamo mica in Cina. In Cina insomma avrebbe anche un senso, ma qui possiamo farne a meno. E quindi dovremmo legiferare in senso restrittivo delle libertà della rete, perché tutte queste conquiste non si possono mica trasformare in un luogo di impunità.
E’ sempre utile ricordare, tanto per mantenersi in allenamento, che la rete non è uno stato sovrano e non ha un suo ordinamento giuridico a parte. La rete è fatta di server, di software e di persone che vi interagiscono. I server, i software e le persone, se si trovano entro i confini nazionali, sono già soggetti al complesso di norme che regolano tutto il resto. Diffami qualcuno? Non è che se lo fai sul web non sia reato: lo è già. Anzi, è anche peggio, visto che ai sensi dell’art. 595 del nostro codice penale, comma 3, è prevista una aggravante quando la diffamazione sia recata “con il mezzo della stampa o con  qualsiasi altro mezzo di pubblicità”. Ed è innegabile che un blog o una pagina Facebook o un account Twitter siano un “mezzo di pubblicità”. Dunque bisognerebbe ricordare ai talebani anti-rete che il problema non è la legge ma, semmai, i tempi di applicazione delle sanzioni. In altre parole, la palla si sposta dall’avere una normativa più restrittiva (lanciandosi in più che incostituzionali aggravanti generiche per il solo fatto di avere utilizzato il web) all’avere un processo di “monopolio della forza legittima” più efficace (faar rispettare la legge). Bisogna andare a giudizio in tempi ragionevoli, insomma.
Discorso a parte meritano i Don Chisciotte che lottano contro i mulini a vento dell’anonimato in rete, come il nostro esperto di diritto di “Uno Mattina“. Al di là di ogni considerazione filosofica sull’utilità o meno di potersi esprimere in forma anonima, bisognerebbe spiegare a costoro che l’anonimato in rete è un problema che non possono risolvere senza distruggere la rete stessa (e di certo, quest’ultimo è un obiettivo che un qualunque ministro di un qualunque paese periferico come il nostro non riuscirebbe a raggiungere neppure se il suo incarico durasse cento anni). In linea teorica, va chiarito che su internet già adesso nessuno è anonimo. Quando vi collegato al vostro provider, sia con un pc fisso che con un dispositivo mobile, questi provvede a rilasciarvi un indirizzo Ip (oppure lo fa la vostra azienda, che a sua volta ottiene un arco di indirizzi Ip da un provider). Tralasciando le amenità tecniche, si può semplificare dicendo che il vostro computer comunica questo indirizzo Ip in qualunque operazione che compiete in rete (consultare un sito web, inviare un’email, pubblicare qualcosa sui social network eccetera). Quindi, se diffamate qualcuno su Twitter, basta che la polizia postale richieda l’indirizzo Ip del mittente del tweet incriminato a Twitter, Inc (anche se i tempi possono allungarsi parecchio) per risalire al gestore che lo ha rilasciato. Il gestore a sua volta risale ai dati di intestazione del contratto che aveva in uso quell’indirizzo Ip all’ora del “delitto” e la polizia postale farà una visita in casa del tapino, restringendo la cerchia fino a identificare il responsabile finale. Se avevate impostato un’access point wi-fi aperto (senza un’adeguata protezione) sono affari vostri, perché la colpa del tweet molesto, o del download illegale, sarà comunque vostra anche se non siete stati voi. In condizioni di utilizzo ordinario della rete, insomma, non siete anonimi. Mai. La vostra identificazione è solo questione di tempo e di risorse disponibili, dopodiché si applicano le leggi esistenti. Ma del resto va da sè che, se non siete anonimi, il problema dell’anonimato in rete non si pone: ricadiamo di nuovo nel campo dell’esigenza di un’applicazione più puntuale ed efficace della legge.
Vero è che ci sono tuttavia altri sistemi per essere anonimi e per fare in modo che l’indirizzo Ip che viene registrato sul traffico dati non sia quello reale, cioè il vostro, ma uno fittizio. Ci sono i proxy, ci sono i servizi che consentono di inviare email anonime, ci sono le super-reti come Tor che, una volta installate sul proprio computer, rendono l’identificazione del computer fisico all’origine del traffico tanto lunga, complessa e difficile da risultare nella pratica impossibile, a meno che non si smuovano forze e risorse ingenti, che tuttavia vengono mobilitate solo in caso di interessi sovranazionali o economici di grande portata. I sistemi di “anonimizzazione” ci sono, e sono tanto più sicuri quanto più è avanzato il grado di conoscenza del cyber-spazio di chi li usa. Tuttavia, il nostro esperto di diritto di “Uno Mattina” non considera che a questa vulnerabilità (che in realtà rappresenta l’anima stessa della rete per come è stata concepita originariamente) nessuna legge potrà mai porre rimedio. Innanzitutto perché le guerre nel mondo digitale si combattono con sistemi sempre più sofisticati e mutevoli, che cambiano di giorno in giorno, perfino da un’ora con l’altra, mentre le leggi e i loro regolamenti di attuazione cambiano in un arco temporale che sta alla rapidità di evoluzione delle tecniche usate dagli hacker come le ere geologiche stanno alla durata della vita umana. E poi perché, per definizione, se uno ha le conoscenze per rendersi anonimo, hai voglia a fare una legge che lo sanzioni: sarebbe come dichiarare illegali i fenomeni paranormali (ammesso che esistano) e avere la pretesa di comminare sanzioni restrittive ai fantasmi. L’unico modo di avere il controllo totale di internet è chiuderla, cioè staccare i cavi dei dispositivi connessi.
Dunque chi invoca la fine dell’anonimato in rete è uno che vuole ragionare del sesso degli angeli. Ci provò anche la Carlucci che, appena eletta deputata, voleva che ogni singolo bit che transita in rete fosse corredato da una bella carta di identità di chi lo ha originato. Un indimenticabile comma di una sua memorabile proposta di legge recitava così (cfr: “Ucci Ucci… sta arrivando la Carlucci“): «E’ fatto divieto di effettuare o agevolare l’immissione nella rete di contenuti in qualsiasi forma (testuale, sonora, audiovisiva e informatica, ivi comprese le banche dati) in maniera anonima». La proposta di legge annegò tra i flutti tempestosi del mare del ridicolo, e nessuna spedizione di soccorso volle mai recuperarne il relitto.
Riassumendo: l’anonimato in rete, già oggi, per la maggior parte dei navigatori non esiste. E se esiste, c’è molto poco da fare, senza immaginare una cura che uccida anche il paziente. Chi parla della necessità di regolamentarlo per legge non sa quel che dice. Ma questa davvero non è una novità, nel tristo (sì, con la “o”) panorama della consapevolezza digitale del politico medio.
Piuttosto, visto che siamo in tempi di “Convenzioni” per cambiare la Costituzione, sarebbe finalmente il caso di cogliere la palla al balzo e introdurre anche in Italia “Internet” come diritto fondamentale di ogni individuo direttamente nella Carta fondamentale della nostra Repubblica. Come in Finlandia. Se volete sapere a cosa serve internet e come potrebbe cambiare le sorti della nostra economia, se solo a qualcuno (magari a Letta?) venisse in mente di farci uscire dagli ultimi posti della classifica mondiale, leggete “A cosa serve internet“. Daniela Santanché non sembrava afferrarne fino in fondo l’utilità, quando provai a spiegarglielo a L’Ultima Parola. Il che da solo dovrebbe dimostrare quanto sia urgente darsi una mossa.

7 maggio 2013

Go, o dell'accerchiamento

Go, o dell'accerchiamento:
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Il Go è un gioco da tavolo cinese, risale a 2.500 anni fa, è il più antico ancora praticato. Due giocatori posano delle pedine nere e bianche sulle intersezioni vuote di una scacchiera composta da una griglia 19 × 19. I giocatori hanno l'obiettivo di controllare una zona della scacchiera maggiore dell'avversario. A questo scopo dispongono le pedine in modo da non essere catturate, e costruiscono degli spazi che non possano essere invasi. Le pedine avversarie sono catturate se circondate completamente dalle proprie e non hanno spazi interni o "occhi". Il MoVimento 5 Stelle è in apparenza circondato, chi l'ha fondato, i parlamentari, i simpatizzanti che lo dichiarano apertamente, gli attivisti. Chiunque spenda una sua parola in pubblico è attaccato come eretico, deviato, violento, terrorista, volenteroso artefice di bagni di sangue, pazzoide visionario, incompetente. Ogni male d'Italia è attribuito al M5S da giornali e televisioni diventati senza alcuna vergogna un incrocio tra la Pravda di Stalin e Der Stürmer sotto il nazismo. Se non puoi attaccare le idee, attacca le persone (quelle del M5S sono copiate da politici da fiera paesana a partire da Capitan Findus Letta, e mai realizzate). La sensazione di essere circondati, "calpesti e derisi" dal Potere Costituito che sta muovendo ogni leva a sua disposizione per distruggere il M5S in effetti la si sente nell'aria. Un che di pesante, di torbido, annuncio forse di fatti gravi. Mentre l'opera di accerchiamento continua, un altro accerchiamento però avviene intorno al Potere Costituito. Sono i cittadini italiani la cui rabbia conosce bene chiunque frequenti un bar o una pubblica via. Gli elettori del M5S sono tra loro, sono otto milioni e mezzo, primo partito, il cui voto non è stato preso neppure in considerazione. Un voto considerato abusivo dalla triade Napolitano, pdmenoelle, pdl, trasposizione laica del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Questa rabbia "che ogni giorno urla più forte" non arriva all'orecchio degli Inamovibili o forse non la temono. Questione di tempo. Si accorgeranno in autunno di essere loro all'interno di un cerchio. Senza possibilità di fuga verso l'interno né verso l'esterno. Il confronto da politico economico diventerà sociale, incontrollabile. E' il gioco del Go, bellezza!

Sicilia, “pessima qualità del servizio elettrico”, la denuncia della Flaei Cisl

Sicilia, “pessima qualità del servizio elettrico”, la denuncia della Flaei Cisl:
Le aziende siciliane e la pubblica amministrazione, che è la principale impresa dell’Isola, pagano l’energia con maggiorazioni che arrivano quasi al doppio di quelle applicate alle imprese del nord”.
In pratica, nel triennio 2011-2013 oltre 80 euro/MWh in più. “Ciò oltre a far lievitare i costi che si scaricano sulle famiglie e sui consumatori finali, rende inappetibile la nostra regione dal punto di visto degli insediamenti produttivi”.
A dirlo è il neosegretario regionale della Flaei Cisl Sicilia, Leonardo La Piana. La federazione cislina ha riunito a Catania il consiglio direttivo regionale. Tanti i temi all’ordine del giorno, che hanno avuto come denominatore comune l’analisi della situazione del sistema elettrico in Sicilia e gli effetti su cittadini e imprese nonché su lavoratrici e lavoratori del settore.
La Flaei, si legge in una nota, “ha in cantiere proposte concrete che vanno in direzione dello sviluppo”. Il tema dello sviluppo deve essere al centro della politica siciliana tutta. Il resto è solo “propaganda a cui siamo abituati ormai da tanto tempo”. Afferma La Piana: “La pessima qualità del servizio elettrico in Sicilia, l’assenza di investimenti, la crisi del settore della generazione, la mancanza di un piano strategico ed energetico regionale, i tagli, le continue riorganizzazioni aziendali che depauperano la potenzialità del territorio siciliano, hanno relegato la nostra regione ai margini del contesto italiano ed europeo”. Per di più, “da tutti i nostri delegati territoriali ogni giorno apprendiamo che le condizioni di lavoro dei dipendenti delle società del gruppo Enel diventano sempre più insostenibili. L’atteggiamento spesso indisponente dei responsabili aziendali – come quello tenuto durante gli incontri svolti per il rinnovo degli accordi economici scaduti ormai da cinque anni e purtroppo non ancora rinnovati – rispecchia la profonda insensibilità delle aziende che, pur di raggiungere i propri obiettivi, non tengono in assoluto conto le legittime richieste sindacali e talvolta mettono in campo forme di ‘condizionamento psicologico’ o di ‘isolamento’ dei lavoratori che potrebbero incidere anche sulla loro sicurezza per le situazioni di stress correlato, e su aspetti del benessere psico-fisico delle persone”. La Flaei denuncia che “la forte carenza di personale tecnico e operaio nell’Area Rete (Distribuzione) costringe a massacranti turni di reperibilità. Ciò incide negativamente non solo sulle persone coinvolte ma anche sul servizio offerto ai cittadini. A questo si associa la non adeguatezza di relazioni industriali sul territorio che penalizzano fortemente il ruolo delle Rsu e dei responsabili locali che lamentano di non avere punti di valida interlocuzione”.~ “La nostra organizzazione – afferma La Piana – è consapevole delle difficoltà delle aziende del settore elettrico che, a differenza degli anni passati, attraversano situazioni difficili. A livello nazionale è infatti in via di definizione un accordo che prevede di accompagnare alla pensione circa 3.500 lavoratori”. Ma la Flaei Cisl Sicilia “non ritiene assolutamente comprensibile che si possa scaricare solo sui lavoratori l’effetto di questo stato di crisi”.
La Flaei ha sempre mostrato responsabilità e coerenza nelle proprie azioni sindacali. Abbiamo l’impressione, però, che le aziende hanno considerato la coerenza e la correttezza come “atti unilaterali sindacali” derivanti dal considerare la situazione di crisi del settore”. La richiesta del direttivo, sottolinea La Piana, è “una richiesta forte, chiara e precisa: o le aziende del gruppo modificano in Sicilia il loro atteggiamento con fatti concreti e visibili o la Flaei Cisl sarà costretta, pur in questa situazione di particolare problematicità rispetto ad esempio al tema degli esodi programmati, a mettere in atto tutto quanto necessario a tutela e supporto delle lavoratrici e dei lavoratori ma anche, e forse più in generale, dell’intero settore elettrico nella nostra regione”.”

Le riserve all'opposizione

Le riserve all'opposizione:
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"Cosa direste se in un girone di campionato le squadre potessero scegliersi l'avversario che preferiscono? Che razza di competizione sarebbe? E se addirittura scegliessero di giocare contro una squadra composta dalle loro stesse riserve? Vorreste mai essere voi a pagare per assistere a una partita così? E che ne sarebbe della legge di Darwin se le gazzelle potessero scegliersi il leone più debole, invece di quello più forte? E di un ascensore, se illudendosi di fare meno fatica pretendesse un contrappeso meno pesante? Cosa lo frenerebbe dallo schiantarsi al suolo, portando verso un tragico destino tutti i suoi sfortunati occupanti? Esattamente allo stesso modo, l'opposizione parlamentare non si sceglie (né tantomeno la si costruisce) tra quelle che fanno più comodo. L'opposizione è quella uscita dalle urne e dalla legge elettorale: ogni altra alchimia ispirata al gioco delle tre carte è una manovra di palazzo innaturale e dannosa, che mira a indebolire gli anticorpi del sistema Paese e, così facendo, prende in giro gli elettori e mortifica la loro intelligenza e le loro speranze di cambiamento. La prassi vuole che le presidenze del Copasir e della Vigilanza Rai vadano all'opposizione, ovvero al MoVimento 5 Stelle e quindi ai quasi nove milioni di cittadini che lo hanno votato, non a due movimenti che rappresentano una frazione infinitesimale del Paese e che hanno fatto campagna elettorale al fianco di Berlusconi e di Bersani, come costole di uno stesso organismo. O la prassi vale solo quando serve a congelare la formazione delle commissioni permanenti? Anche solo immaginare di dare le presidenze che ci spettano a Sel e Lega, significa tentare di fare un Gran Premio facendo correre gli avversari con il muletto, ma il risultato non sarebbe tagliare il traguardo, bensì schiantarsi contro le tribune alla prima curva seria, essendosi privati dei freni." Vito Crimi, M5S Senato

Check systems security with Lynis

Check systems security with Lynis: How many times have you wondered about your systems security ? Using Linux or Mac is not enough! You must check and configure your systems to be as secure as possible. To do this we can use Lynis, a command-line utility to check system(s) against malware, system misconfigurations, systems integrity, etc…